Taranterre

 

Leuciana Festival: Taranterre in “O primmo figlio”

Teatro dei Serici, Belvedere Reale di San Leucio (CE), 10 Giugno 2008

Recensione e foto Sebastiano Sacco e Federica Roano

Oramai avvezzi – nell'accezione quanto più lusinghiera possibile del termine – agli spettacoli dei Taranterrae, sappiamo piuttosto bene che una serata in compagnia di quello che è uno dei gruppi popolari più amati ed apprezzati di “Terra di Lavoro” non ci lascerà delusi. Le persone del pubblico raggiungono la platea del Teatro dei Serici (del Belvedere di San Leucio) abbastanza composte, le voci sommesse, forse ignare del fatto che ai Taranterrae piace “fa 'o burdell”, come annuncia la stessa, pittoresca voce del gruppo, Michele Ardolino – per tutti “Regina” – ad inizio spettacolo; ed ignare del fatto che, di li a poco, si ritroveranno in un vortice di suoni, cadenzati dalla tammorre battenti, che le precipiterà in sensazioni e movenze a loro quasi sconosciute. Il gruppo purosangue casertano da il via alla presentazione del suo ultimo cd, “O primmo figlio”, inerpicandosi tra i sentieri più carichi di folclore della tradizione musicale partenopea, proponendo brani riscoperti attraverso interviste e registrazioni di voci autoctone di vari luoghi della provincia casertana: Castel Morrone, Marcianise, Maddaloni e gli altri nomi che contraddistinguono le nostre terre, diventano, nello spettacolo dei Taranterrae, soltanto un pretesto per amalgamare sensazioni provenienti dai campi, dal lavoro contadino, in un unico canto di dignità e pace. La musica diventa sempre più atmosfera, grazie a brani come l'ambiguamente ironica “Aucellucce”, “Oi’ Tiritò”, la struggente “So’ doje ore”, fino alle più note al grande pubblico “Brigante se more”, “'O sarracino”, “Tammurriata nera”. Nonostante qualche lieve scivolata tecnica (in qualche passaggio gli strumenti hanno qualche difficoltà a combaciare perfettamente) e qualche defaillance vocale di “Regina”, dovuta quasi certamente alla forte enfasi iniziale delle sue ottime corde, quando il pubblico, finalmente, lascia da parte la timidezza e si abbandona con mani, braccia, gambe, testa alla musica, il palco diviene un tutt'uno con gli spettatori, complice un'acustica quasi perfetta, un forte trasporto interpretativo – grazie anche all'aiuto del quartetto d'archi Muse String Quartet – e, naturalmente, le parole dei testi in musica, che fanno sorridere, pensare e rievocare. Tanto che, alla fine, a concerto ormai conclusosi, c'è chi ancora, nella splendida cornice del Belvedere di San Leucio, intona “e une doje tre quatte...”.

Comunicato stampa

Martedì 10 giugno ore 21.15. Musica
Teatro dei Serici, Belvedere Reale di San Leucio. Taranterre in “O primmo figlio”

La Campania è una terra trasposta in musica, e per questo il mondo intero ce la invidia. Poche altre regioni del globo possono vantare un simile patrimonio sonoro, sia per riconoscibilità immediata che per varietà di linguaggi musicali: tanto la melodia quanto il ritmo segnano le passioni di un popolo lungo l’arco intero della vita, dalla nascita al lavoro all’amore, fino naturalmente alla morte. La fioritura delle linee vocali trasporta emozioni e struggimenti del cuore, la cadenza napoletana tocca le corde più malinconiche, il canto a fronna permette di giocare con le proprie mature abilità canore, il furore ritmico delle tammurriate scandisce le pulsioni più istintive dell’animo. Proprio in questo furore hanno il loro punto di forza i Taranterrae, che dalla loro Caserta viaggiano a cavallo della musica attraverso l’intero territorio campano - grazie anche alla parallela attività di ricerca e diffusione delle musiche tradizionali dell’Associazione L’Isola, a loro collegata. Dicevamo delle spinte emotive della tammurriata: il folto ensemble infatti ha nell’energico vigore dell’endecasillabo alla napoletana un valore aggiunto, l’esecuzione veracemente ruspante di brani come “È l’uso, è l’uso”, “Oi’ Tiritò” o “Aucellucce” coinvolgono con la loro immediatezza e il loro vigore. Ma la voce è spesso in primo piano, dando il giusto risalto anche al lato melodico della canzone campana, da Napoli al Cilento e al casertano: “All’acqua all’acqua”, “So’ doje ore” o “Zi’ munacello” (in cui la linea di basso è particolarmente straniante) contano su armonizzazioni vocali decise, che sostengono la melodia sul pieno degli strumenti. Due parole vanno spese anche sugli arrangiamenti, debitori del folk revival dei ’70 senza però essere pedissequi: chitarra battente, flauti, castagnette, violino e organetto spostano di sovente gli accenti emotivi dei pezzi, evitando abilmente il rischio di ripetitività che affligge la musica popolare estratta dal proprio contesto ‘rituale’. Un grosso punto a favore, per un disco che si lascia ascoltare con gusto in tutti i suoi 41 minuti consecutivamente: ad oggi non è per nulla facile.
Come ogni lavoro, anche ‘O primo figlio è perfettibile in alcuni punti – qua e là l’intonazione vacilla, tirata per la giacchetta dall’irruenza dell’esecuzione: ma è un peccato veniale, figlio di una voglia di trasmettere le proprie passioni più forte di ogni rigore accademico. In fondo, è così che la musica del popolo e della storia dovrebbe essere. (Daniele Bergesio, World Music Magazine – il giornale della musica)

ORCHESTRA
Michele Ardolino, 'a Regina, Voce, Castagnette
Simona Riccio, Voce
Antonio Picciola, Chitarra acustica e battente
Niko Vescuso, Chitarra classica, Mandoloncello, Bassoacustico
Michele Landolfi, Organetto, diatonico, Fisarmonica
Gaetano D'Errico, Flauto traverso, Ottavino
Tony D'Ambrosio, Percussioni, Tammorre, Tamburello
Michele Fierro, Mandolino, Voce
Rossella Marino, Violino
Giovanni Monte, Tammorra marcianesana in "Aucelluccio"
Simone Picillo, percussioni etniche, effetti
Consulta: X edizione Leuciana Festival 2008

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