Leuciana Festival: Carmina Burana di Carl Orff
Teatro dei Serici, Belvedere Reale di San Leucio (CE), 28 e 29 Maggio
Articolo di Arianna Quarantotto, foto di Emilio Di Donato
Ci siamo. L’arrivo dell’estate a Caserta è segnato dall’evento, ormai
noto a tutti, delle Leuciane.
Anno dopo anno salire al Belvedere e osservare dall’alto la città offre
emozioni diverse: ci si sente quasi protetti quassù, isolati dal caos e dai
tanti problemi della città, ovattati dalle musiche, dalle scenografie, dalle
narrazioni che per circa un mese ci tengono piacevolmente compagnia.
Così con l’arrivo dell’estate, registriamo, fotografiamo, scribacchiamo su
tutto - o quasi - avviene nello splendido scenario leuciano, ammaliati
dall’incantevole palazzo di Ferdinando, felici per la bella stagione ormai
alle porte, solo sfiorati, magari per un momento, da una punta di nostalgia
per il tempo trascorso. Perchè le Leuciane, nel loro ritorno periodico,
marcano il tempo.
Ma si sa, “la vita fugge, e non s’arresta un’ora”, scriveva Petrarca, e a
poco servono i tentativi di fermarla. Questa sera, però, il tempo si è
fermato davvero, anzi è fuggito a ritroso: e noi siamo stati catturati da
una storia lontana, da un Medioevo passionale e affascinante, rivissuto
grazie alle melodie incredibilmente coinvolgenti della musica di Carl Orff.
“Bura Santi Benedicti” è il nome dell’Abbazia fondata da san Bonifacio in
cui sono stati scoperti i canti medioevali da cui hanno preso poi nome i
Carmina Burana. Sono circa 200 tra liriche d’amore, versi gioiosi,
canzonatori, a volte irriverenti, spesso intonati nelle taverne da “clerici
vagantes”, studenti colti, goliardi, già allora, anticonformisti. Orff nel
1937 li aveva orchestrati scegliendone 25 di carattere profano.
Oggi sono ritornati a vivere grazie all’orchestra diretta dal maestro
Columbro, un’orchestra composta di 240 elementi, tra cui il soprano Olga De
Maio, il tenore Pasquale Tizzani, il baritono Francesco Esposito e le voci
recitanti di Angela De Matteo e Peppe Mastrocinque. Insieme a loro
l’Orchestra ed il Coro del Conservatorio Cimarosa di Avellino, il Coro di
Voci Bianche del Teatro Carlo Gesualdo e la Corale del Duomo di Avellino.
Già famoso per essere stato colonna sonora di numerosi films, il coro
iniziale della “Fortuna”( il nome è quasi propiziatorio) ha rapito un
pubblico numeroso che ha seguito attento, spesso commosso dalla delicatezza
delle voci, il susseguirsi della musica, vivace, coinvolgente, gioiosa,
proprio come la vita di taverna, delle piazze, dei mercati medioevali, dove
si svolgeva la vita vera, quella di ogni giorno. La musica di Orff ci offre
uno spaccato di un Medioevo incredibilmente spensierato, traboccante di
un’insospettabile letizia, di un amore che non è solo mistico, ma fatto di
labbra carnose, sguardi suadenti, di fanciulle in carne e ossa che amano e
si lasciano amare. Un Medioevo tinto dei colori della fantasia che non è più
solo quella dei cavalieri alla ricerca del Graal e di dame da salvare, ma ci
trasporta tra campanili, uffici di banchieri, bettole, tra boccali di birra
schiumosi o vino profumato, in un mondo vivo insomma, in cui la fortuna gira
e inesorabilmente fa il suo corso, accolta con sapiente ironia e spirito
quasi beffardo.
Un meraviglioso lavoro di sintesi, dunque, quello del Maestro Columbro, che
ha recuperato, in tutta la sua complessità, l’irrequietezza e la
problematicità di un Medioevo solo da poco rivalutato e riscoperto dal punto
di vista storico-culturale. Non più epoca “buia” e oscura, ma culla di
valori, officina letteraria e linguistica, punto di confluenza di culture
lontane.
Comunicato
Mercoledì 28 maggio ore 21.15 (replica giovedì 29 maggio).
Serata Inaugurale – Musica.
Teatro dei Serici, Belvedere Reale di San Leucio. Carmina Burana Di Carl
Orff
Coro del Conservatorio di Avellino, Coro di Voci Bianche del Teatro “Carlo
Gesualdo” di Avellino, Corale Duomo di Avellino, Orchestra del Conservatorio
“ D. Cimarosa” di Avellino. Dirige Carmelo Columbro
Con i Carmina Burana di Carl Orff, diretti da Carmelo Columbro si inaugura
la sezione musicale della decima edizione del Leuciana Festival di Caserta,
ideato e diretto da Nunzio Areni. L’evento è in programma mercoledì 28
maggio, alle ore 21.15 al Teatro dei Serici del Belvedere Reale di San
Leucio, subito dopo l’apertura, prevista alle 19.30, della mostra Modigliani,
l’artiste italien, allestita nell’attiguo Palazzo delle Visioni.
L’esecuzione della monumentale opera di Orff è realizzata da un organico
vocale e strumentale di circa 240 elementi, che unisce sotto la direzione
del maestro Carlo Columbro, il soprano Olga De Maio, il tenore Pasquale
Tizzani, il baritono Francesco Esposito e le voci recitanti di Angela De
Matteo e Peppe Mastrocinque ai quali si aggiungono i componenti l’Orchestra
ed il Coro del Conservatorio Cimarosa di Avellino, il Coro di Voci Bianche
del Teatro Carlo Gesualdo e la Corale del Duomo di Avellino.
“Proporre la realizzazione dei Carmina Burana - sottolinea Columbro - nella
versione orchestrata e presentata da Carl Orff nel 1937, è certamente un
traguardo ambizioso. Si tratta, infatti, di realizzare un’esecuzione
musicale complessa, sia per l’utilizzo di un vasto organico vocale e
strumentale, sia per le difficoltà tecnico-esecutive imposte da una
partitura che presenta un colorito affresco del mondo medioevale,
utilizzando però mezzi espressivi caratteristici del ‘900”.
I Carmina Burana, che costituiscono la più completa antologia di canti
medievali d’ispirazione non religiosa, prendono nome, secondo tradizione,
dall’abbazia di Benediktbeuren nell’Alta Baviera, l’antica Bura Sancti
Benedicti, fondata da san Bonifacio nell’VIII secolo, luogo in cui essi sono
stati conservati e ritrovati nel 1803.
Opera di numerose mani, i canti del manoscritto, tutti risalenti al XII e
XIII secolo, sono più di duecento, tra versi di carattere prettamente morale
e religioso, liriche d’amore e canti di taverna, sebbene di essi Orff ne
abbia utilizzato solo una piccola parte, e tutta d’argomento profano. Dal
punto di vista contenutistico i Carmina Burana rispecchiano la complessità
culturale da cui essi traggono ispirazione. I venticinque brani della
partitura sono articolati in tre grandi sezioni, precedute e concluse dal
coro della “Fortuna” ed articolate in una successione che realizza un
efficace contrasto tra i singoli quadri.
La messa in scena dell’opera, come anticipato, sarà preceduta, alle ore
19.30 dall’inaugurazione della mostra Modigliani, l’artiste italien, curata
dal Modigliani Institut Archives Legales Paris-Rome per il Leuciana
Festival. Aperta al pubblico fino a domenica 22 giugno, l’esposizione
racconta gli anni della formazione e la cultura radicalmente italiana, del
grande artista livornese. Una nuova tappa di un percorso che, fra le diverse
iniziative programmate fino alla fine dell'anno, accompagneranno l'apertura
dell'Anno Modigliani, previsto per il 2009. Il Leuciana Festival è promosso
e sostenuto dalla Città di Caserta, inserito tra i Grandi Eventi della
Regione Campania, con la collaborazione della Provincia e della
Soprintendenza ai Beni Archeologici di Caserta.
voci
Olga De Maio, Soprano
Pasquale Tizzani, Tenore
Francesco Esposito, Baritono
Peppe Mastrocinque, Voce Recitante
Angela De Matteo, Voce Recitante
Una nota del maestro Carmelo Columbro, Direttore del Conservatorio “D. Cimarosa” di Avellino
Proporre nel calendario produttivo di un conservatorio di musica la
realizzazione dei Carmina Burana, nella versione orchestrata da Carl Orff, è
certamente un traguardo ambizioso. Si tratta infatti di realizzare
un’esecuzione musicale complessa, sia per il vasto organico vocale e
strumentale (circa 240 elementi) sia per le difficoltà tecnico-esecutive,
imposte da una partitura che intende presentare un colorito affresco del
mondo medioevale, salvando l’imposto melodico e ritmico originale,
utilizzando nel contempo gli straordinari mezzi espressivi offerti
dall’impianto di una visione moderna, tipica del‘900.
Molte, ed infine vincenti, sono state le motivazioni, ampiamente ragionate,
che mi hanno condotto a compiere tale scelta. Innanzitutto mi ha mosso la
consapevolezza che questo lavoro, così formato, presenta un forte impatto
comunicativo non solo per la ricca e straordinaria orchestrazione, ma anche
per la purezza offerta dai modelli originali e dall’uso di modalità arcaiche
che conservano intatto il loro fascino, trasportando l’ascoltatore lontano
nel tempo. Inoltre, i Carmina Burana, rimandano ad un contesto culturale
molto più ampio, che oltrepassa i pregi offerti dalla stessa partitura. Mi
riferisco ai testi, ai loro particolari contenuti, allo spaccato epocale ora
drammatico, ora sarcastico, ma sempre poetico e intenso cui essi rimandano.
Determinanti in questa felice operazione, che ha già riscosso molti e
lusinghieri consensi di critica e di pubblico, sono state anche le
particolari finalità didattiche e produttive poste alla base dell’intero
progetto. Un organico così vasto ha difatti consentito un’allargata
partecipazione di allievi e docenti, instaurando quella necessaria
filiazione di competenze artistiche fra maestri e discenti; oltre che
nell’organico vocale e strumentale, alunni del conservatorio, afferenti al
corso di Tecnico del Suono, sono stati impegnati nell’allestimento degli
impianti audio e nella registrazione del concerto svolto al Maschio Angioino
di Napoli. Oltre ciò il Conservatorio ha potuto far convergere in questa
suggestiva iniziativa tutte le importanti sinergie da tempo avviate e
consolidate con le istituzioni artistiche e culturali del territorio irpino,
grazie alla partecipazione dello straordinario Coro di Voci Bianche del
Teatro Carlo Gesualdo, e dell’ottima e appassionata compagine offerta dalla
“Corale Duomo di Avellino”. Questo concerto è stato per noi tutti un evento
imperdibile, un momento di grande coesione e confronto fra le forze
partecipanti. Tutto ciò dimostra infine come il Conservatorio “D. Cimarosa”
di Avellino grazie alla eccellenza delle sue componenti interne, possa
rappresentare una forza emergente che riesce infine a coniugare in una
formula vincente, formazione e produzione, incidendo in tal modo sui
circuiti culturali regionali e nazionali.
Carmelo Columbro
Napoletano, si è diplomato al Conservatorio di Musica "S. Pietro a Majella" di Napoli in Pianoforte, Composizione, Musica Corale e Direzione di Coro, Direzione d'Orchestra, completando anche gli studi di Organo e Composizione organistica. Ha seguito inoltre i Corsi di Perfezionamento in Composizione all'Accademia Chigiana di Siena e all'Accademia di Santa Cecilia di Roma, sotto la guida del M° Franco Donatoni. Espleta un’intensa attività artistica che lo impegna come Direttore d'Orchestra, Pianista, Organista e Clavicembalista. Numerose ed apprezzate dalla critica e dal pubblico le partecipazioni a Festivals e Rassegne di respiro internazionale: Algarve, Amalfi, Anzio, Como, Dortmund, Faro, Lisbona, Milano, Napoli, Oporto, Pesaro, Ponte del Cada, Reggio Calabria, Roma, Sorrento, Terceira, Volterra, Wiesbaden. Ha tenuto concerti anche in USA, Brasile, Senegal, Marocco, Isole vergini, Isole Canarie. Già Direttore principale di diversi gruppi orchestrali, ha diretto concerti per la "Gioventù Musicale Italiana" (Saronno, Varese, Bologna); le rassegne "Estate al Castello", "Imagerie Musicali", "Incontro Tracciato Musicale", "Avanguardia e Ricerca musicale" (Napoli), a Sorrento, Villa Bruno, Avellino, Potenza, Salerno; ai teatri Flaminio, Diana, Cilea, Politeama (Napoli), Vittoria, Flaminio (Roma), Biondo (Palermo), Vittorio Emanuele (Messina), Verdi (Salerno), Carignano (Torino). In occasione delle manifestazioni per il bicentenario della rivoluzione napoletana del 1799 ha diretto l'Opera-Concerto “Sona, sona" alla presenza de Presidente della Repubblica C.A. Ciampi. Per il Teatro San Carlo di Napoli ha diretto "Carmina Burana" di C. Orff nella stagione estiva 2004. Sue composizioni sono state eseguite con successo in numerosi Festivals della Nuova Musica e per la RAI: "Rime", "Ombre", "Requiem per Mino","Il Quaderno di Raffaello", "Il respiro delle cose", "La parola che manca", per Attore e Pianoforte; "Acedìa " (commissionato dal "Festival Mondiale del sassofono" di Pesaro), "l'uomo della cometa", "lo non vorrei crepare” ( inaugurazione del restauro della congrega di Santa Maria Addolorata dei Musici a Napoli) ,"Le memorie di Isidoro", commissionato da "XI Congreso Mundial de Saxofon" di Valencia; “Concerto per 12 pforti” (inaugurazione dell’antica filanda di San Leucio dopo il restauro). Sue elaborazioni sinfoniche sono state commissionate ed eseguite dall’Orchestra "A. Scarlatti", tra cui quelle per il Recital del soprano Katia Ricciarelli “Una voce una notte” da cui è stato realizzato un CD dalla Fonit Cetra. Ha pubblicato con Artemide, Berben e Curci. Si dedica inoltre alla composizione di musiche di scena per lavori teatrali, radiofonici, televisivi e cinematografici; per il teatro ha realizzato: "Vi servo io ", "La Perla Reale", "Sposalizio", "La taverna de lo cunto", "La buonanima di ...", "Peneroticus ", "Cantata Napoletana", "Caviale e Lenticchie", "Lirico Napoletano", "Io speriamo che me la cavo", "Lu cunto de li canti"; tutti spettacoli a diffusione nazionale. Per il Teatro San Carlo ha realizzato e diretto gli spettacoli: "In canti del mediterraneo", “Omaggio a S. Di Giacomo”,"Antiche arie della terra di Napoli" (eseguito anche a Ravello in Villa Rufolo in occasione del Vertice dei Ministri della Comunità Europea). Per la RAI ha composto le musiche per: "Il giro del Sole", trasmesso in 143 puntate; "Il Corricolo", in 13 puntate; "Lezioni di Farsa", in 13 puntate; "Il Petomane", in 4 puntate. Per la TV: "Vi servo io" in due puntate, "Taranto Story" in quattro puntate, (distribuito in videocassetta dalla "Domovideo"), "Caviale e Lenticchie", per la serie "Palcoscenico", (distribuito in videocassetta da "De Agostini editore"); ha curato le elaborazioni sinfoniche dello spettacolo "Sotto le stelle", in 12 puntate sulla I Rete, e poi su Tele Montecarlo; ha composto le musiche per il cortometraggio "Acufene" distribuito da Rai Cinema e Rai Sat, partecipando alle rassegne di Treviggiano, Reggio Emilia e Genova. Si è dedicato inoltre a ricerche nel campo della Musica popolare curando, fra l'altro, le elaborazioni musicali della "Nuova Compagnia di Canto Popolare" sia per i Recitals che per vari lavori discografici per la E.M.I. Ha tenuto seminari di composizione presso le Università di Salerno e la "Federico II'' di Napoli. Per l'Università "La Sapienza" di Roma ha realizzato e diretto uno spettacolo con la "Compagnia Nazionale dell'Opera buffa". Maestro del Coro al Teatro "Verdi" di Salerno nella stagione 1998/99 e poi al Teatro San Carlo di Napoli. E’ attualmente Direttore del Conservatorio di Musica “Domenico Cimarosa” di Avellino.
i Carmina Burana in una nota di Massimo Lo Iacono
Ecco la gran chiesa piena di popolo e clero, officiante e non: ecco musica,
incenso, preghiere e la gran luce colorata che viene dalle vetrate: c’è
tutta la storia lassù, dalla Creazione alla vita dei santi. Ecco un’altra
gran chiesa affollata, è più buia, ma ecco, con le luci delle candele che la
illuminano, si rivela ugualmente affollata.
Cambia la gran forma degli edifici, lo stile è ora con guglie e pinnacoli
più moderno, il gotico, ora più massiccio più antico e severo, il romanico,
ma brulicano tutte di vita. Brulica di vita intanto pure la piazza con il
mercato di frutta e verdure, e utensili e anche animali domestici: brulicano
di vita i fondaci con gioielli e spezie, stoffe preziose, ed animali esotici
magari.
Ecco anche gli uffici dei banchieri con monete di ogni parte del mondo
conosciuto. Pregano gli uomini e le donne e fanno affari. Si beve e canta
nelle taverne affollate, piene di fumo e fragranze spesso attraenti, e
gustose: qui le donne pure ci sono, ed allegre, ma meglio sarebbe e non ci
fossero dice taluno. C’è pure l’abate di Cucania qualche volta. E non
dovrebbe.
Ci sono i chierici vaganti, dotti e scapestrati un po’ giullari, un po’
provocatori con le loro idee ardite, sviluppate nei chiostri, non sempre
quieti, appagati. Si sente dovunque un moderno latino, e lingua francese ed
italiana e tedesco ed altro. Vive colorato nei prati a Primavera e fa festa
il mondo dei”Secoli bui”, come lo hanno chiamato i posteri, ed invece è
colorato il mondo delle cattedrali, delle taverne e dei mercanti.
Vi si commettono peccati piccoli e grandi come sempre: forse l‘immagine
splendida, ma terribile e iettatoria, delle “Danze macabre”, che ci sono in
alcune chiese e nei cimiteri, va avvicinata alle pitture delle miniature
gioiose ed affabulatrici dei codici, a tante altre immagini liete
dell’epoca.
A ben pensarci, bui sono piuttosto i cieli pieni smog e caligine dei posteri
saccenti, con una strana idea di progresso.
E’ colorata la vita del castello, forse più austera, come il castello qui di
fronte ai tempi del suo splendore: e magari ci si diverte pure nelle
abbazie, qui vicino ce n’è più d’una insigne, dove non era tutto cupo ed
impressionante come vuole un gran chierico del tardo XX secolo nel suo
inseguire il “Nome della rosa”. E c’erano dotti giovani e vecchi, sognatori
di viaggi ad Oriente di Bisanzio, e nel passato tra le imprese dei gran
cavalieri antichissimi.
E comparivano ancora gli Dei, nei boschi de pagani, nei codici proprio
quelli degli scriptoria dei monasteri. Chi racconta tutto ciò con un sorriso
che viene da un mondo immaginato e studiato come arcigno assai è in
particolare un codice di canti che fu trovato, secondo tradizione, nel 1803
proprio in un monastero, a Benediktbeuren (Bura Sancti Benedicti cioè, e di
qui la spiegazione del nome famoso dei canti che stiamo ascoltando) vicino
al Kochelsee in Alta Baviera, per poi finire nella Biblioteca Reale di
Monaco, sede più aulica ed accademica, per tristi vicende amministrative e
belliche.
Era l’epoca in cui si cominciavano a scoprire gli spunti fascinosi dei
“Secoli bui”, ma allora piacevano di più trovatori e dame, si cercavano gli
eroi, e Tristano ed Isotta. Il gusto buono della vita di tutti i giorni il
gusto goliardico, un po’ terra, terra magari, saporito di birra e di vino
del Sud o della Mosella poco lo si amava. Figuriamoci la sua variante
birbante e scapestrata. Ma il manoscritto, con tanti testi soprattutto
anonimi ed alcuni sacri, ma elusi dall’antologia organizzata da Orff, e da
lui resa immortale, facendo conoscere a tutti queste composizioni, il
manoscritto improvvisamente balzato fuori dalla polvere della santa
biblioteca ha sollecitato a scoprire di quel mondo un inedito sorriso.
A pensarci altri testi c’erano e ci sono adatti a fare rivivere
l’insospettabile letizia del Medio Evo, ma questo è stato fortunato, poiché
un’artista l’ ha portato, forse in salvo, dal mondo della filologia a quello
della poesia, Carl Orff, gran musicista tedesco del secolo XX. E lo ha
chiamato, musicandone alcuni testi, “Cantiones profanae cantoribus et choris
cantandae comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis.” Si mettono in
risalto magia ed umori terrestri per equilibrare con brio le tetre atmosfere
di una tradizione eccessiva e deprimente.
Ruota la vita e la Fortuna, volgono le stagioni, l’uomo è incerto, beve ed
il tempo par giocondo, in taverna e sui prati fuori città, a divertirsi a
ballare, ma senza la ”Marcia delle corporazioni”e le sontuose compassate
danze degli apprendisti di Norimberga, momenti bellissimi ma troppo
impegnativi. Come è diversa infatti l’atmosfera su questi prati. Ed intanto
la ruota della Fortuna continua la sua corsa girando, nei versi anonimi,
nella musica di Orff, o in quella autentica, antica ed oggi per taluni assai
trendy, nel cielo armonico delle “diverse Rote” di Aristotele, e Tommaso e
Dante.
Tutt’altro che il “canto del Destino” intonato al volgere del XIX secolo da
Brahms su testo di Holderlin.. E’ questa del musicista tedesco una cantata
scenica, teatro potenziale e reale, prediletto più dai direttori d’orchestra
e magari dai coreografi, più che dai registi: e lo dobbiamo immaginare
compiersi come una sacra, in effetti profana, rappresentazione, un po’ come
le scene delle vite dei santi nelle predelle dei polittici, o perfino le
stazioni della”Via Crucis”, “si licet”, serie di tante piccole scene in
successione, come il memorabile”Jedermann“ riproposto in quei decenni da
Hofmannsthal.
E le figurette che cantano la quotidianità sono figure simbolo, un po’
ciascuno di noi. Non ci sono quindi personaggi, individualità. Il testo
organizzato da Orff si svolge come una suite di pannelli che quasi si mutano
l’uno nell’altro, una cavalcata, ma tanto diversa da quella del film “Excalibur”,
con la musica di Orff per i “Carmina” appunto: qui uno spirito benevolo,
vagamente beffardo ci fa volare tra pinnacoli e rosoni di cattedrali,
cuspidi di
Rathaus e campanili, piazze animatissime e “Logge della mercanzia”,
sorvolando una gran festa. Allora poi, forse, le grandi città si
assomigliavano tutte nell’Europa più omogenea di quanto sarà poi, ed oggi
torna ad essere, con la globalizzazione che ha preso il posto di quell’unità
complessiva che faceva assomigliare in altro modo le cattedrali del Nord a
quelle della Puglia, per esempio.
I canti del manoscritto sono più di duecento, risalenti al XII e XIII
secolo, e solo una piccola parte, e tutta profana, è stata usata da Orff per
il suo lavoro del 1935-36, eseguito a Francoforte sul Meno nel 1937,, suo
primo grande successo, sua opera simbolo. E su questo modello il compositore
ha scritto i “Catulli Carmina”, la musica per opere su testo di tragedie
greche. Giocando, quasi a fare il compositore arcaico, magari con una
strizzatina d’occhio ad una immaginaria barbarie.
La sua musica prescinde da quella di cui il manoscritto, opera
verosimilmente di sei copisti, reca traccia ed oggi è decifrata ed è stata
resa eseguibile da gruppi specializzati, dopo complessi studi paleografici e
filologici. Tuttavia vi è traccia nella musica di Orff di spunti di canti
dei “Clerici vagantes” Dunque, la musica dei Carmina è basata su percussioni
e fiati, con solisti e coro usati all’insegna del più spigliato vitalismo
magari anche meccanico, per qualche verso, ma di coinvolgente esuberanza.
Memorabili gli “ostinati” energici, i modi arcaizzanti quindi, le sonorità
della parte del tenore, così poco eroica ed ottocentesca e merita attenzione
in tal senso anche la vocalità prevista per la voce grave. Infatti del modo
che i Romantici hanno tenuto nel fare rivivere il Medio Evo qui non c’
nulla. Né le atmosfere di Merschner e Weber, né di Verdi e perfino di
Wagner. Anzi forse c’è esplicitamente un approccio contrario.
Ma è questa comunque partitura assai dotta, fondata sul canto diatonico, uso
di spunti di vecchi motivi di canto e danza tedeschi, spunti parodistici, e
c’è qualche arioso alla maniera di Monteverdi, che Orff molto ben conosceva
anche per averne curato moderne edizioni, quindi non stupisce trovare qui
nobile declamato melodico. Per ottenere questi ricercati effetti, il
musicista inserisce in orchestra glockenspiel, xilofono, grandi e piccoli
cimbali per potenziare da tutti i punti di vista la resa espressiva di un
mondo lontano. Ed anche il pianoforte è usato in questa singolare
prospettiva.
Manca l’amalgama dei timbri romantico, e di ogni strumento è valorizzata la
specificità di colori ed effetti. I venticinque numeri della partitura sono
articolati in tre gran sezioni, precedute e concluse al coro della “Fortuna”
ed articolate in una successine che realizza un efficace contrasto reciproco
tra i singoli piccoli quadri. Massimo Lo Iacono
Consulta:
X edizione Leuciana Festival 2008