Roberto
Benigni alla Reggia di Caserta
Caserta - 30 Agosto 2007
Articolo di Francesco Massarelli |
|
|
Caserta, 30 Agosto. "Dante è laico, lui non scrive perchè Dio esiste, ma perchè
Dio esista." ...e ancora "Io non so se siamo stati fatti da Dio, so di certo
che siamo fatti di Dio". E' forse con queste due espressioni che Roberto
Benigni meglio esplicita il valore della poesia e ciò che la poesia può
aiutarci ad essere. In un altro momento dirà anche che la poesia ci aiuta a
scoprire in noi sentimenti che nemmeno conosciamo, così come Cristo aveva
portato l'umanità a comprendere il senso della pietà. Benigni dice queste cose
quasi scusandosi dell'apparente ovvietà e ancora più spesso temendo di cadere
nella mielosità, ma mentre le dice si sente la sua voce rotta dall'emozione e
quel pubblico, che poco prima si sbellicava dal ridere sentendolo parlare di
Berlusconi e della "pucchiacca in mano ai criaturi", improvvisamente diventa
assorto e si commuove con lui. Credo che la magia di questo straordinario
recital stia proprio nella facilità con cui Roberto ci conduce dalla volgarità
dell'Italia di oggi alla dignità di quella dei nostri avi, dalle grossolane
risate della prima parte dello spettacolo al suggestivo silenzio della seconda.
Roberto arriva sul palco alle 21.40, accompagnato da una marcetta. Corre in
lungo e largo sul palco, usa la scarna scenografia, fatta di pochi pannelli di
legno che simulano onde, per giocare ad apparire e sparire, poi con voce
leggermente affannata saluta la nostra città che sembra un po' appartenergli e
che mostra di conoscere bene, citandone vie e frazioni. Sfiora l'irriverenza
quando parlando del suo arrivo in aereo dice di aver creduto per un attimo che
i terribili roghi che si notavano dall'alto fossero la scenografia preparata
per il suo Inferno. Ovviamente è solo il suo modo di esorcizzare il male. Così
come 2 giorni fa a Cosenza quando commentando l'aggressione all'addetto alla
security che impediva ad un uomo di assistere allo spettacolo sprovvisto di
biglietto, aveva definito poetico il gesto dell'aggressore, perchè mai più ci
si potrebbe immaginare che ancora un uomo usi la pistola per sentire recitare
Dante. Roberto saluta il pubblico, prima quelli sulle tribune che sembra lo
guardino da Caiazzo o da Puccianiello, tanto sono lontani nel gremito cortile
della Reggia; poi quelli delle prime file che si preoccupa di mettere in
guardia da possibili accertamenti fiscali, tanto sono alti i prezzi pagati per
accedere a quei settori. Non manca a questo punto l'inevitabile stoccata a
Valentino Rossi. Poi, per il piacere di tanti si comincia a parlare di Silvio
Berlusconi e via via di tanti altri politici. Ovviamente ce n'è per tutti da
Silvio al suo fido Bondi, più falso lui che il bilancio delle aziende di
Silvio; da Clemente Mastella a Rocco Buttiglione, di cui rivela che non ha il
pisello e da cui non teme neanche la querela (di solito ad ogni cattiveria
intercala un ruffiano "oh, si fa per scherzare") visto che per dimostrare che
non dice il vero dovrebbe prima mostrarci il pisello; e poi Veltroni, D'Alema,
Prodi e il suo portavoce Sircana che andò in "trans" quel giorno che, inviato
dal premier al Quirinale, si smarrì per ore passando pure per Viale Carlo III.
Un lungo capitolo meriterebbe la parte dedicata a Roberto Calderoli, ma ci
piace ricordare almeno una frase a lui dedicata: "A volte di certi uomini
politici non sono le loro idee che ci fanno paura, ma le loro facce". Dopo
tanto ridere delle nostre sventure lentamente Roberto si fà serio, ma è proprio
qui che la qualità dello spettacolo ha l'impennata. Ci ricorda che siamo la
patria di un'arte,di una cultura e di una storia che non ha eguali nel mondo.
Forse è uno scossone che dà a tutti noi, al nostro paese, ma non ha l'aria del
moralizzatore, tanto è dolce nel portarci in quel mondo da cui forse non
vorremmo più staccarci, il mondo della poesia e del suo Dante. A modo suo ci
spiega terzina per terzina il quinto canto dell'Inferno, divaga, parla di donne
e di Madonne, poi finalmente arriva a lei, Francesca da Rimini. La storia dei
due amanti è toccante e Roberto riesce ad evidenziare particolari che per una
vita non avevamo colto. Gli piace molto quel momento in cui Dante riconosce
Francesca e la chiama per nome pur senza che lei si sia presentata, e gli piace
pure accostarla in qualche modo alla Diana dei giorni nostri. Sono passate già
due ore, quando il cortile diventa ancora più buio, il silenzio ancora più
forte, una luce rossa avvolge il palco e Roberto: lui ci regala l'ultima perla.
Recita a memoria il canto dei lussuriosi. Da tanti in passato ho sentito dire,
storcendo il naso, che lui non è Vittorio Gassman, nè Carmelo Bene. Ed è
sicuramente vero, perchè lui è Roberto Benigni. |
|
|
|
|