23 Luglio, Reggia di Caserta, Cortili. "Da quale pianeta venite?". Si
sono posti questa domanda gli spettatori che hanno assistito, nell'incantato
cortile della Reggia di Caserta, al trionfo delle note del pianoforte di Sergio
Cammariere, artista divenuto ormai una realtà affermata nel panorama della
musica italiana. Il fine pianista di origini calabresi si è scrollato di dosso
i tempi nei quali veniva ironicamente chiamato "Cameriere" nei locali romani,
forse anche perché, come ci ricorda egli stesso nel suo brano "Vita d'artista",
Cammariere è un "nome che non torna in mente". Una copiosa ed elegante folla di
pubblico attende l'inizio della performance dei brani del tour, che prende il
titolo dall'ultimo album di Cammariere, "Il pane, il vino e la visione". Calano
le luci e proprio come una visione compare sulla scena di nero vestito
Cammariere, accompagnato sul palco da un quintetto di musicisti che da
sempre lo affiancano in teatri, festival, locali: Luca Bulgarelli
(contrabbasso), Amedeo Ariani (batteria), Bruno Marcozzi
(percussioni), Bebo Ferra (chitarre), Olen Cesari (violino). Ce
l'aveva preannunciato al Teano Jazz in occasione della serata di Gianluca Renzi
e della sua Big Band, ma è comunque un peccato notare l'assenza del
trombettista Fabrizio Bosso, che tante fortune ha riscosso proprio con
Cammariere.
Una sistemata al piccolo ventilatore - indispensabile per sopravvivere al caldo
torrido di questa estate - ed ecco che suonano avvolgenti le prime carezze e
coccole che Cammariere dona al pianoforte, aprendo così il concerto con una
piccola intro, quasi per sedurre e scaldare le mani e l'ambiente.
Le note de “Gli angeli siamo noi”, primo brano in scaletta, scorrono fra il
pubblico, e l’impressione è quella di una subitanea complicità tra i musicisti
capitanati dal pianista ed il pubblico stesso; sembra quasi che una brezza
(sonora) “di mare o di cielo” possa ancora derivare da “quel battito, quel
ritmo di poesia”. Ma il silenzio affascinato del pubblico si sgretola dinanzi
alla bellissima “Non mi lasciare qui”, primissimo brano dell’ultimo album del
cantautore, in cui, al ritmo leggero e spezzato su cui si libra il pianoforte,
si affiancano le parole del poeta in musica Roberto Kunstler, che sembrano
un’autobiografia di un giovane Cammariere, che scrive: “non leggo, non studio,
mi alieno, mi ricompongo tra note classiche, in un raccolto di altro poi fuggo
lontano”. Semplicemente incantevole, anche per gli stessi musicisti, rapiti dai
rispettivi strumenti.
Dopo il binomio introduttivo dei brani di “Il pane, il vino e la visione”, è
d’obbligo un tuffo nel passato. Gli applausi sorgono spontanei quando
affezionati (e non) riconoscono le struggenti note di “Le porte del sogno”.
L’aria attorno al palco si colora di un rosso fumoso, ed alla voce di
Cammariere quasi si sovrappone un coro all’unisono, che accompagna le note sino
agli attimi finali, che seguono un crescendo che porta il brano verso sonorità
quasi al limite del rock, per poi spegnersi come una candela. La breve
parentesi si chiude per un salto in avanti di un anno, precisamente al 2004:
Olen Cesari si affianca a Cammariere, nelle vesti che ricordano un gitano
armato di violino ed archetto, ed il ritmo veloce di “Sul sentiero” scioglie le
mani dei presenti, incitate anche dall’archetto del violinista. E siamo ancora
“Sul sentiero” quando il pianista propone, in una veste “integrale”, una
canzone pubblicata, nell’album, in “forma ridotta”. Si tratta di “Capocolonna”,
bellissimo brano dall’orchestrazione classica dedicato all’omonimo paese natale
del talentuoso Sergio. Il duetto Cammariere -Cesari prosegue con una stupenda
kermesse di brani rigorosamente classici - più o meno improvvisati - fra i
quali la divertente citazione di una ipotetica aria classica strettamente in
tema con la ambientazione della Reggia. Questa ulteriore, suggestiva parentesi,
si chiude con la voce di qualcuno che, dal pubblico, acclama il duo con un
“Siete voi, gli immensi...”.
Si torna ancora al 2003, con “Dalla pace del mare lontano”, introdotta da un
bellissimo assolo alla chitarra di Bebo Ferra ed “espansa” da un faccia a
faccia tra il percussionista Bruno Marcuzzi ed il batterista Amedeo Ariani. Un
brano che sembra provenire da un mare lontano, pacifico, ma che può esplodere
in una furia improvvisa, al quale segue il “brano famoso”, la bellissima
evergreen “Tutto quello che un uomo”, che ha portato Cammariere all’attenzione
del grande pubblico nel 2003.
Le richieste del pubblico non tardano ad arrivare, un pò confuse, fra le quali
spiccano “Vita d’artista”, che il pianista promette di eseguire in conclusione,
e “Sorella mia”, che viene viceversa eseguita immediatamente. Il colore samba
del brano rapisce ognuno dei presenti, finendo inevitabilmente per accontentare
chiunque. Lo spazio musicale dedicato all’album che si ritiene d’esordio per
Cammariere si chiude con le note grevi e malinconiche di “I cambiamenti del
mondo”, dove nuovamente il violino del coreografico Cesari appare
indispensabile; brano che si trasforma, in conclusione, in “Libero nell’aria”,
che Cammariere scrisse ispirandosi alle vicende della guerra in Iraq del 2003.
La terza parentesi dello spettacolo è un rigoroso e doveroso omaggio ai grandi
della musica italiana. Solitario al piano, Cammariere attraversa Sergio Endrigo,
con “Io che amo solo te”, Bruno Lauzi, con “Ritornerai” ed “Arrivederci”, per
concludersi con uno scampolo di musica popolare napoletana, la bellissima
“Passione”, nella quale Sergio dimostra anche una discreta padronanza
dell’accento partenopeo. Il tutto sul filo conduttore dell’amore, della
passionalità, emozioni così ben sposate alle note di Cammariere.
Il concerto si conclude (apparentemente) col brano che dà il titolo all’ultimo
lavoro discografico del cantautore, “Il pane, il vino e la visione”. La voce di
Sergio ci suggerisce che “ là dove l'uomo è libero e non c'è più differenza tra
razza fede e sesso esiste solo fratellanza. Ma forse l'utopia non è una
scienza…”.
Il pianista e i suoi musicisti abbandonano il palco, ma il pubblico acclama il
talento, forse non dimentico di una promessa: “Vita d’artista”. Sergio riappare
allora sul palco, e avvicinandosi al pianoforte le sue mani danno libero sfogo
a un brano che, come un qualsivoglia artista degno di tale nome, poco ha a che
fare con il rigore e molto con la pura improvvisazione. E anche se la (vecchia)
vita d’artista dipinta da Cammariere è davvero poco lusinghiera, resta la
consapevolezza che il talento, quello puro, non trova barriere né confini, e
ama rapire i cuori quando può fluire da un disco o concedersi in tutta la sua
totalità ad un pubblico affascinato.
Note
Cammariere proporrà una selezione di brani del suo ultimo album sapientemente
alternati ai grandi successi del suo repertorio: un vero e proprio viaggio
attorno alla musica che, partendo dal jazz e passando per la canzone italiana e
francese, abbraccia ritmi e colori brasiliani con un gusto raffinato, partecipe
e funzionale degli arrangiamenti orchestrali. Negli spartiti di Cammariere la
musica si dipana infatti da un pianoforte e una chitarra fino a sciogliersi
nella coralità di ariosi arrangiamenti orchestrali che alternano spazi morbidi
in cui la voce e il piano disegnano momenti di indescrivibile valore musicale.
Al suo fianco sul palco Luca Bulgarelli (contrabbasso), Amedeo Ariani
(batterista), Bruno Marcozzi (percussioni), Bebo Ferra (chitarre) e Olen Cesari
(violino).
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