Già al secondo ciclo di conferenze, il club archeologico casertano ieri, 16
di marzo, si è ritrovato all’appuntamento mensile in S. Agostino, relatrice
la dott.ssa Amelia La Gamba, oggetto “Il complesso monumentale dei S.S. Casto e
Secondino di Suessa”.
Coinvolgente nelle sue argomentazioni, ella ha esordito con la ricostruzione
agiografica dei due santi, vescovi martiri africani, venerati ben presto anche
in Italia.
Il nostro edificio, senz’altro paleocristiano e databile intorno al IV sec., è
un criptoportico formato da due bracci con andamento ad “L”. Sito lateralmente
all’ antica via Adriana , direzione Rocca Monfina, ha il tipico impianto del
Martyrium, ovvero di quei complessi monumentali realizzati per conservare le
spoglie di martiri.
Esso andrebbe a raccordarsi ad altro edificio annesso,detto “il nicchione”, con
sei nicchie e la cui funzione non è del tutto chiara. Sala di riunione prima di
accedere al Martyrium? Inoltre l’altura, in cui il complesso è ubicato, risulta
accogliere una vasta necropoli. Arduo parlare di catacombe?
Comunque il tempo,contrariamente alla regola, non ne ha obliato del tutto la
memoria, piuttosto ne ha compromesso la fortuna, se è vero che viene ancora
usato nel ‘500, quando il convento dei Carmelitani se ne impossessa; mentre nel
‘600 passa alla Reale Confraternita del Crocifisso. Fu meta di sacre
processioni e di riti superstiziosi popolari, come quello di riporre nelle
nicchie i neonati sofferenti di pancia.
Indagini più scientifiche ed una perlustrazione “documentata” è effettuata solo
nel ‘700 dal De Masi, che ritrova nel corpo centrale del complesso un doppio
sarcofago, di cui quello inferiore molto ricco e scolpito ad alto rilievo con
quattro figure alate e un’epigrafe medievale attestante la dedica del martyrium
ai due santi africani. Ma, confermando la casistica dei destini dei nostri
monumenti, anche questo nel 1868 subì il furto di gran parte del sarcofago,
dell’epigrafe e chissà di cos’altro, a noi resta la possibilità di osservare un
frammento del sarcofago nel duomo di Sessa, riutilizzato come base per l’altare
maggiore.
Inoltre gli studi della dottoressa hanno evidenziato presenze pittoriche paleo
cristiane, bizantine, rinascimentali su brevi brani di intonaco, soltanto
frammenti, grazie anche alle suffetazioni del XX sec. che ne hanno deturpato
gli ambienti. Negli anni ’80 il vescovo Costantini dà avvio ai lavori di
recupero, ma gli studi della nostra dottoressa già da qualche mese hanno
indotto la soprintendenza competente a nuovi scavi.
consulta Gruppo Archeologico “F. S.
Gualtieri”: Incontri Ed Escursioni |
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