Appello dal Garibaldi

Lettera Aperta


In Campania ci sono sindaci sotto processo, sindaci che vengono rimossi, consigli comunali sciolti per infiltrazione camorristica. Ma mai era successo che una giunta comunale cadesse a causa di un teatro, almeno fino a qualche giorno fa, quando Enzo Iodice, sindaco di Santa Maria Capua Vetere, non ha deciso che era meglio dimettersi piuttosto che fare del Teatro Garibaldi una merce di scambio fra i partiti.

Il Garibaldi è un gioiello di fine ottocento, un teatro all’italiana da 350 posti chiamato con orgoglio dai sammaritani il ‘piccolo San Carlo’; eppure solo sette anni fa era ancora una caverna buia, abitata da topi e pipistrelli, vittima di vent’anni di abbandono e di un pessimo tentativo di recupero che alla meravigliosa platea in legno aveva sostituito una colata di cemento. In qualche modo era il simbolo di una cultura abbandonata a se stessa, incapace di immaginare un futuro, costretta a sopravvivere di ricordi.

Fu proprio per questo che quella caverna vuota divenne una delle importanti sedi di un coraggioso progetto promosso in quegli anni dall’Ente Teatrale Italiano: il progetto “Aree disagiate”, che voleva aprire spazi al teatro laddove non c’era (più) niente. Nel giro di un anno, sotto la totale responsabilità civile del Sindaco, il teatro Garibaldi riprese vita: senza riscaldamento, con la plastica al posto delle finestre, con sedie di legno regalate, si aprì ad una prima stagione di prosa, di musica, di teatro per le scuole; radunò attorno a sé tutti i giovanissimi che nella cultura intuivano un’alternativa a terre abbandonate al dominio camorristico, con poche possibilità di lavoro e molte di droga e degrado.

Dopo quella prima stagione l’attività è proseguita ininterrottamente. Il Sindaco Iodice ha reperito i finanziamenti non solo per il riscaldamento e i vetri, ma per un restauro guidato dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali e condotto in un tempo brevissimo, durante il quale venne comunque efficacemente allestito uno spazio alternativo. La passione degli operatori e del pubblico non voleva infatti interrompere quella continuità con l’esperienza teatrale che si stava creando con grandi sacrifici.

Nel maggio 2004, con grande rilievo su tutta la stampa nazionale, il Teatro Garibaldi è stato riaperto, divenendo un importantissimo punto di riferimento per lo sviluppo sociale e culturale del territorio in piena sinergia con la parte sana della società civile, quella che produce riflessione e impegno. Da due anni, accanto alle stagioni di prosa e di musica, sono stati sviluppati numerosi progetti rivolti soprattutto alle nuove generazioni, in coordinamento con la scuola e l’università: rassegne, laboratori, maratone di lettura, spesso affrontando temi caldi quali l’immigrazione e la criminalità, nonché un importante festival di cortometraggi giunto già alla sesta edizione.

E’ stata una crescita non facile, che ha reso il Teatro centro non solo fisico della città, patrimonio vivo della cittadinanza.

Chiediamo perciò il sostegno degli artisti che hanno amato il Garibaldi, che vi hanno recitato, che sono stati felici e hanno reso felice il pubblico, perché ad un cambio di amministrazione non segua l’annientamento di un progetto culturale che sta cercando in modo originale di lenire le continue ferite di una terra ostaggio della violenza. E sarebbe bello se questa lettera venisse firmata anche da tutto il pubblico, da chi, dopo venti anni passati davanti a porte sprangate, ha potuto finalmente leggere di Santa Maria non in cronaca nera, ma nelle pagine dell’arte e della speranza
 

Seguono le firme di oltre 200 fra attori, musicisti, amici, giornalisti, scrittori, spettatori, ....

 

 

 
 

 

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