Caserta, 1 Ottobre 2006. La musica è una
questione di coincidenze senza le quali le cose sarebbero andate diversamente.
Per dire: se Mino Reitano non si fosse esibito con i Beatles in un club di
Amburgo, non gli sarebbe venuta l’ispirazione per comporre “Il tempo delle
more”. Se Elvis fosse vivo, Little Tony e Bobby Solo si vestirebbero come
normali ottuagenari. Se Paola fosse stata figlia unica, avrebbe cantato lo
stesso “Festival”, ma assumendosene tutte le responsabilità. Se Umberto
Bossi avesse vinto il Disco per l’Estate, oggi vivremmo tutti più sereni.
Immaginate poi se Silvio Berlusconi avesse sfondato come cantante da
crociera…!
La musica va fatta e raccontata con i se. Ad esempio, se la scorsa notte di
sabato non fosse stata “bianca”, avrei buoni e validi motivi per alzare un
malumore nei confronti di tanti cari amici chitarristi casertani. Saranno
migliaia i chitarristi in provincia, possibile che di questi solo una decina
erano presenti all’appuntamento? Poco male se l’appuntamento non fosse
stato con Andrea Braido, un monumento della chitarra rock italiana. Se
non fosse stato per la “monnezza invadente” inviataci gentilmente dai
creativi sapientoni della kermesse napoletana, avrei giurato di aver vissuto
anche io la mia notte bianca, a Caserta. Un concerto fantastico quello al Bad
Habit Club. Una grande prova della sei corde più selvaggia d’Italia. Con i
suoi Twin Dragons, Braido ha dato vita a un concerto elettrico,
accattivante, che ha spaziato dal profondo blues al rock con contaminazioni a
volte hard a volte retrò, interrotte solo poche volte per ritorni di fiamma a
Jimi Hendrix e alle sue pietre miliari come “Foxy Lady”, “Hey Joe”e
“Red House”. Unica nota dolente è stata l’affluenza di pubblico, minore
rispetto a quanto ci si sarebbe aspettato per un nome del genere.
Ma è bene concepire la musica con i se; se è vero che a Caserta c’è tanta
voglia di buona musica, di confronto, di spazi, di rock, allora… sarà tutta
colpa della notte bianca! …o no?
Ma usando la parolina “se” si riesce ad essere atarassici a tutto. Si
riesce perfino ad essere tolleranti verso le polemiche (e le figuracce) che ha
sollevato il mancato concerto di Bruce Springsteen nei giardini della Reggia.
E’ il vecchio dibattitito sui siti e monumenti storici profanati dai decibel
contemporanei. Del Boss alla Reggia si sparla, specie tra i piccioni. La
corrente del <<non passi il metallaro!>>, del <<Vade retro
Santana!>>, dell’<<io non posso schitarrare>> , si scontra
con quella del <<Si , contaminare! Si, promuovere! Si,
guadagnare!>>. In mezzo ci siamo noi, imperturbabili con i nostri
“se”, ad augurarci l’incolumità della musica e delle location classiche;
a chiederci com’è che si è polemizzato su tutto (Pink Floyd in p.za San
Marco, Paul Mc Cartney al Colosseo, il Boss alla Reggia…), tranne che sul
Festivalbar all’Arena di Verona; a sperare che il Palamaggiò non danneggi
troppo quel vecchio monumento di Bruce Springsteen.
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