S. Leucio, 24 Luglio. Pubblico delle grandi occasioni al
Belvedere di San Leucio per assistere al concerto del compositore torinese
Ludovico Einaudi, evento che per interesse e partecipazione fatti registrare ci
sentiamo di paragonare a quello tanto atteso di Chick Corea (13 luglio), che
era stato annunciato quale evento clou della corrente edizione del Leuciana
festival.
Da un musicista come Einaudi non ci si può aspettare musica
nel senso tradizionale del termine. Egli è uno sperimentatore (e di razza,
visto che si è perfezionato sotto la guida di Luciano Berio) per il quale non
hanno importanza i motivi melodici accattivanti, i piacevoli ritornelli o i
ritmi coinvolgenti, quanto piuttosto il suono allo stato puro: suo interesse
preminente ci è parsa la qualità fonica della materia sonora, sia sotto il
riguardo acustico, cioè del timbro, del colore, sia sotto l’aspetto
linguistico, cioè della suggestione di significato che ne deriva. E “mistico”
ha definito il significato della sua musica lo stesso (poco loquace, a dire il
vero) Einaudi, nell’unico momento in cui ha preso la parola alla fine del primo
dei cinque pezzi fatti ascoltare. Ebbene sì, cinque pezzi (tutti strumentali)
per circa due ore di concerto, quasi trenta minuti per ognuno di essi. Un po’
troppo lunghi per un evento live? Per il cronista che vi scrive è stata proprio
questa l’impressione ricevuta (e non esiterei ad affermare che la stessa
sensazione sia stata avvertita da buona parte del pubblico, che tuttavia ha
applaudito calorosamente durante ed alla fine della serata). In effetti, le
composizioni di Einaudi potrebbero durare all’infinito (proprio come le
giravolte della ballerina che le accompagnava) poiché non sono incentrate su
strutture formali quali ritornelli, cadenze o frasi musicali “quadrate” che
ritornano con un ritmo regolare ma, di contro, si presentano come un flusso
sonoro ininterrotto che rende la sua musica più somigliante al discorso in
prosa (potenzialmente interminabile) che a quello in metri poetici. Altro
elemento costitutivo della musica fatta ascoltare da Einaudi è stato certamente
il fattore etnico, in particolare il colore mediorentaleggiante, frutto della
sua collaborazione sperimentale con Mercan Dede, l’artista turco proveniente
dalla scena della musica elettronica che l’ha accompagnato al flauto
tradizionale ottomano ney insieme ad altri due musicisti turchi (di cui uno,
appena sedicenne, di etnia gitana) al kanun (una versione turca dello xilofono)
ed alla tromba e clarinetto. Insomma, una musica dal benefico effetto
rilassante che ha permesso di viaggiare con l’immaginazione, di sognare…ideale
viatico al sonno per una calda notte di mezza estate in cui, altrimenti,
sarebbe stato arduo addormentarsi.
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