Quando ho saputo per la prima volta del Teano Jazz Workshop ero perplesso ed il
motivo è abbastanza semplice. Immaginate di voler organizzare un festival di
jazz (e già questo la dice lunga sulla vostra salute mentale...) in un paese di
nemmeno ventimila anime, conosciuto ai più solo per uno storico incontro e
fuori (almeno geograficamente) dal circuito delle grandi manifestazioni
musicali.
Immaginate poi di voler ospitare in questo festival nomi di rilievo
internazionale e di voler offrire tutti i concerti ad ingresso gratuito o, male
che vada, a prezzi più che abbordabili. Immaginate ancora che, non paghi,
decidiate di indire un concorso per promuovere gruppi jazz dando loro
l’opportunità di esibirsi sul palco del festival o, sempre male che vada, di
incidere un brano sul cd della manifestazione. Immaginate adesso che, con
caparbia ostinazione, decidiate anche di organizzare quattro giorni di seminari
con alcuni dei migliori e più affermati jazzisti italiani. Insomma riuscire a
far funzionare tutto a dovere è praticamente un piccolo miracolo, e capite
dunque che qualche dubbio da parte mia era più che legittimo. Aggiungete
inoltre il fatto che di seminari “inutili”, fatti di nomi altisonanti, tante
parole e poca musica ne ho visti fin troppi.
Eppure l’occasione era ghiotta: un
seminario con docenti interessanti, a pochi chilometri da casa e ad un prezzo
davvero accessibile. Così ho deciso di partecipare e mi sono ritrovato
catapultato in una specie di maratona musicale.
Quattro giorni full immersion:
quasi dieci ore al giorno, compresa la pausa pranzo che, dopo il secondo
bicchiere di vino, diventava anch’essa un’occasione per confrontarsi, discutere
o semplicemente fare quattro chiacchiere. Il primo giorno Piero Leveratto ha
illustrato la storia ed il linguaggio del bebop attraverso l’attenta e
minuziosa analisi di Ornithology, famoso brano di Charlie Parker. Il secondo
giorno Dino Massa ha parlato invece di Bill Evans tramite l’esame dei suoi
brani, da quelli più famosi a quelli meno conosciuti. È stato a dir poco un
piacere accompagnare le sue variazioni su Alice in Wonderland e studiare con
lui For Quartet, un brano di sua composizione ricco di variazioni ritmiche (il
batterista stava per avere un mancamento, ma si è divertito come un matto). É
stata poi la volta di Ettore Fioravanti che si è soffermato sulla figura di
Thelonius Monk. Non impressionatevi: è un batterista, ma questo ha solo reso
ancora più stimolante la lezione (e confesso che mi ha dato consigli preziosi
anche per il mio strumento). Inoltre è stato interessantissimo il lavoro fatto
con lui sulle poliritmie e gli incastri ritmici tra basso e batteria. Il
compito di chiudere il seminario è spettato a Maurizio Giammarco con una
lezione sulla musica modale, tra tutte forse la lezione più “tecnica” e
sicuramente quella maggiormente incentrata sull’analisi dell’armonia jazz.
Questo breve riassunto ha solo valore di cronaca, sia perchè gli argomenti
trattati sono stati molto più numerosi di quelli elencati, sia perchè non rende
l’idea di quanto sia stata ricca, interessante e coinvolgente questa
esperienza. La disponibilità dei docenti è stata straordinaria, e la loro
voglia di comunicare davvero qualcosa a tutti i partecipanti non è stata da
meno. Questa volontà si è tradotta in lezioni molto “suonate”, in cui
l’esposizione teorica è stata sempre accompagnata dalla controparte pratica. In
questo modo i partecipanti hanno avuto la possibilità di confrontarsi tra di
loro e di mettere subito in pratica i consigli e gli input ricevuti. Inoltre il
fatto di lavorare non sul singolo strumento, ma sull’interplay e sulla capacità
di suonare in gruppo, ha reso le lezioni stimolanti e utili per tutti,
indipendentemente dallo strumento e dal livello tecnico.
Un plauso quindi agli
organizzatori (l'Accademia Musicale Città di Caserta, l'associazione
Casertamusica, e l'associazione ospitante Teano musica e oltre) che hanno compiuto il loro piccolo miracolo o, quantomeno, hanno
dissipato tutti i miei dubbi. Al prossimo anno!
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