Personale del Maestro Cesare Berlingeri dal titolo "La pittura piegata", che
verrà inaugurata presso la Galleria De Nisi di Caserta, in Via Botticelli 43,
il 25 febbraio.
La mostra verrà inaugurata alla presenza del Maestro sabato 25 febbraio 2006
alle ore 18,00 e si concluderà il 26 marzo. Il catalogo edito dalla Galleria De
Nisi sarà disponibile, per collezionisti e visitatori direttamente in galleria.
info 06 3232868 - 335 1296969 esposizione on line
www.galleriadenisi.com.
Il mondo, come dice lo scrittore Berjadev, è un tappeto gettato sull'abisso.
Il tappeto in questione risulta essere la tela piegata di Cesare Berlingeri.
L'artista calabrese, cresciuto nell'ambito della pittura informale di Tapies e
Alberto Burri, nel corso degli anni ha saputo "stravolgere" ed inventare,
grazie alle diverse esperienze come costumista e scenografo teatrale, un modo
del tutto personale ed originale di fare arte. Infatti intorno al 1980
Berlingeri è approdato alle famose piegazioni, ovvero una serie di opere a
carattere concettuale create con tele di lino leggero, che piegate su se
stesse, conferiscono profondità e trasparenza all'intera rappresentazione.
Mediante le famose tele piegate l'artista intende "evocare segreti senza
tuttavia svelarli completamente", ecco allora che le sue opere nascono da un
profondo desiderio di occultamento, cioè l'artista nasconde i diversi dati
percettivi, conservandoli gelosamente tra le pieghe delle tele. Per questa
motivazione i lavori di Berlingeri possono essere definiti ermetici, in quanto
possessori di una verità tacita e nascosta, o addirittura criptici, poiché il
significato è spesso indicato da segni evidenti lasciati sulla tela, segni che
richiamano chiaramente i "graffi" di Tapies.
Nella mostra allestita al Castello Aragonese di Reggio Calabria primeggiano le
opere più recenti dell'artista, ovvero quelle opere in cui la piegazione che,
ha finito per investire anche la terza dimensione, acquisisce una tonalità
inquieta e misteriosa. Proprio le ultime opere sono intrise di una profonda
spiritualità, in quanto il colore, usato come infinito mezzo espressivo,
racchiude significati ed esperienze intime note solo all'autore. Il giallo
richiama la luce, il rosso è la metafora tanto della vita, quanto della morte,
il blu è il colore del cosmo, e come tale racchiude tutte le esperienze fisiche
e metafisiche.
Accanto ai colori primari, l'artista usa anche il bianco, o neutro puro che fa
materializzare la luminescenza immanente nella materia. Si tratta di opere
monocrome, le quali finiscono per divenire preziosi scrigni che contengono al
proprio interno tesori infiniti. Molto suggestiva risulta essere
l'installazione Deposito di stelle, allestita nei sotterranei della torre del
castello. La luce blu illumina l'interno della stanza, sul cui pavimento sono
posti supporti lignei e tele piegate che, oltre a racchiudere l'infinito del
cielo stellato, abbracciano le intime esperienze dell'artista. Il cielo
stellato, rubato dalle volte affrescate della Basilica di San Francesco ad
Assisi, giace protetto nella torre dagli sguardi indesiderati di uomini e
divinità. L'artista con questo lavoro percorre una strada difficile, in quanto
tenta, riuscendovi, di legare mediante la luce soffusa il cielo e la terra.
L’enigma primordiale dei dipinti piegati e il carattere delle vaste superfici
dipinte su piombo e tela, avvolti da un inquietante mistero e silenzio,
continua di mostra in mostra.
Cesare Berlingeri è nato nel 1948 a Cittanova (RC) e vive e lavora a
Taurianova, sempre in provincia di Reggio Calabria. Inizia a dipingere
giovanissimo nello studio di Cittanova del maestro Deleo, docente in pensione
dell’Accademia di Liegi.
Nel 1964 emigra in Piemonte, dove lavora presso un decoratore di chiese.
Successivamente intraprende una serie di viaggi in Italia e in Europa, prende
contatto con altri artisti e si avvicina al mondo della cultura contemporanea,
in continua metamorfosi. Nel 1970 è a Roma; lavora per il teatro e per la
televisione come scenografo e costumista, con il regista Enrico Vincenti.
Contemporaneamente, e fino al 1974, è responsabile per il canale arte dei
centri servizi culturali CIF della Calabria. In questi anni sperimenta tecniche
e maniere diverse di dipingere, utilizzando agenti atmosferici quali vento,
pioggia,fuoco e materiali come la calce, il cemento, la carta straccia e la
tela.
Nel 1976 comincia a lavorare alla “spiegazione” e si avvicina agli artisti
della Galleria Soligo di Roma: Tano Festa, Mario Schifano, Giulio Turcato,Franco
Angeli, Alberto Parres, Nicola Maria Martino, Gianstefano Burattini; ma è con
Festa che, pur nell’assoluta diversità, nasce una grande amicizia e si sviluppa
una notevole affinità intellettuale.
Nel 1978, alla Galleria Soligo, viene organizzata la sua prima mostra romana,
dal titolo “Trasparenze”: un lavoro sulla luce e sulla spiegazione, che trova
un certo riscontro presso alcuni critici: Di Laura, Vivaldi, Benincasa,Menna e
Carlino.
Dal 1980 al 1986 vive una fase di passaggio tra le istanze concettuali e
l’emergere di una riscoperta della materia pittorica. Le opere di questo
periodo sono prevalentemente tele di notevoli dimensioni dipinte, con grandi
gesti, con colori a olio e smalti industriali. In questi anni si intensifica il
lavoro con il teatro: nel 1981 realizza una grande installazione per La lunga
notte di Medea al teatro Piccolini di Firenze. Nel 1982, per la Biennale Teatro
di Venezia, realizza una scenografia per Il Candido ovvero… di Leonardo
Sciascia, con la regia di Roberto Guicciardini; nel 1987, per lo stabile di
Calabria, cura le scene e i costumi di Italian Opera Graffiti.
Dal 1989 al 1995 è docente presso l’Accademia d’Arte Drammatica della Calabria
a Palmi, dove peraltro collabora, in qualità di scenografo e costumista, per
una serie di spettacoli.
A partire dal 1987 l’interesse per il colore e il segno viene esaltato con la
realizzazione di grandi dipinti monocromi su tela, con l’aggiunta di pesanti
lastre di ferro e superfici spesse di cera vergine su legno e pigmenti allo
stato puro. Sono i primi segnali che preludo al lavoro che caratterizzerà il
periodo 1987-1999.
L’incontro con Tommaso Trini, nel 1990, ha senato ‘inizio dei dipinti piegati,
ai quali l’artista aveva iniziato a lavorare quindici anni prima. I primi mesi
del nuovo millennio segnano l’incontro con il gallerista Dante Vecchiato, il
quale, dopo aver visitato l’esposizione del maestro alla Fondazione Mudima,
decide di avvicinarsi all’artista, affascinato dallo sviluppo originalissimo
della materia e del colore che Berlingeri propone. Fra i due si avvia un
importante rapporto lavorativo con un contratto in esclusiva. |
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