Caserta In… Blues 2005

Caserta – 3 e 4 settembre 2005

Articolo e foto di Max Pieri


Chiostro di S. Agostino, 3 e 4 settembre. Per il secondo anno consecutivo prende il via la rassegna “Caserta in… Blues”. Le polemiche incombono ancora come ombre lunghe sulla prima edizione, ma rappresentano un’eco lontana per il caparbio ed ostinato Joe Vescovi, artefice di questa manifestazione. L’edizione 2005 si è svolta nella cornice del Chiostro di S. Agostino ed ha visto la presenza di partners attivi su urgenti tematiche sociali come Amnesty International e l’Unicef per definire contorni di solidarietà e partecipazione alla kermesse. Il pensiero è volato inevitabilmente alle popolazioni della Louisiana, martoriate dall’uragano Katrina. In quelle stesse terre - dall’incrocio di popoli d’origine soprattutto africana – è nata la musica celebrata in questa due giorni cittadina.

Sabato 3 settembre, dopo la proiezione del film “The Soul of a Man” di Wim Wenders, tocca ai Black Cat Bone Blues Band aprire la rassegna. Il quintetto, proveniente dalla provincia di Milano, trova i suoi punti di forza nel solido chitarrismo di Gianni Di Ruvo e nel canto “molleggiato” e pensoso di Gennaro Carrillo, titolare di una buona espressività anche all’armonica. L’esibizione di classici standard e inediti a loro firma, ad eccezione di qualche episodio (“Flip, Flop and Fly” suonata allo specchio del miglior James Cotton anni ’70), è caratterizzata da buona personalità e padronanza della materia. Per quaranta minuti la band naviga con grande sicurezza, anche in acque profonde e distanti dal delta del Mississippi. Una chiave di lettura più ortodossa fa meno apprezzare l’approccio guerrigliero dei brani finali, poco pregnanti rispetto agli episodi iniziali.
Pur con identica formazione (batteria, basso, tastiere, chitarra e armonica), la Nick Becattini Band ha calato sul tavolo da gioco carte assenti nel mazzo precedente. Innanzitutto la lunga esperienza del leader, che ha assimilato fino in fondo la lezione americana, ove feeling e gioco di chiaroscuri sono il fulcro di ogni blues act. Tutta l’esibizione si è svolta, infatti, costantemente in punta di dita, anche negli episodi più duri e funk. La qualità dei “comprimari” ha inoltre conferito maggiore caratura al suono. Mimmo “Wild” Mollica è uno dei più importanti armonicisti italiani e, da solo, rappresenta un certificato di garanzia blues. Janko è titolare di un bassismo elastico e dal tocco smisurato (è stato anche protagonista di un comico assolo “danzante”). PJ Duranti alle tastiere ha esibito buona tecnica e un suono moderno ma rispettoso della tradizione. Dietro i tamburi, infine, il sornione Mario Marmugi ha tenuto le briglie di cotanti cavalli di razza come un cocchiere d’altri tempi. Suono energico e volume contenuto, ecco il magico equilibrio creato da questi musicisti: suonare quasi in silenzio (in alcuni casi a voce cruda), così sommessamente al punto da ascoltare il riverbero delle palpitazioni di chi ascolta, in un prolifico feedback di buone vibrazioni.

La giornata del 4 settembre è stata funestata dalla pioggia che, fino alle 19,00, ha tenuto lo staff organizzativo col fiato sospeso. Saltato “Warming by the Devil’s Fire”, il film di Charles Burnett di cui era prevista la proiezione, solo con inevitabile ritardo è potuta partire la seconda giornata.
Intorno alle 23,00 piomba sul Chiostro di S. Agostino la navicella Peppe ‘O Blues and the Eagles Rainbow. La nuova band di Peppe Di Lucca - che vede la presenza di un secondo chitarrista - tritura subito il palco con versioni incandescenti di “All Along the Watchtower” e “Machine Gun”. Nella sua migliore tradizione il chitarrista partenopeo affonda micidiali fendenti di chitarra sullo scarso e intirizzito pubblico, contento di farsi schiaffeggiare a suon di watt in una serata decisamente poco estiva. Peccato per i problemi tecnici occorsi alla circuitazione elettrica della sua strumentazione. L’intera esibizione, pur di alto livello, né è rimasta inevitabilmente compromessa, con fruscii e rumori di fondo a tratti insopportabili.
Poco oltre la mezzanotte arrivano sul palco Aida Cooper & the Nite Life. Non è certo necessario presentare le qualità della band leader, conosciuta anche in ambito più “leggero” per essere stata una lussuosa corista alla corte di alcuni mostri sacri della musica italiana. Non c’è dubbio che il blues e soprattutto il rithm’n’blues sono i territori a lei più congeniali. La voce, potente ed espressiva, ha dimostrato una varietà di registri oscillanti dal melisma più cristallino alla saturazione più abrasiva. Inchiodati alle sedie, i pochi superstiti sono rimasti attoniti ed incuranti dell’acqua che nel frattempo aveva ricominciato a cadere. Un po’ di pioggia non poteva certo menomare la manciata di standard, eseguiti con classe e accompagnati anche da notevoli qualità di entertainer. Vanno certamente segnalati “I Just Want to Make Love to You” e una versione di “Summertime” che ha evocato lo spettro di Janis Joplin. Una performer talmente convincente non poteva accompagnarsi a musicisti meno persuasivi. I Nite Life, perfettamente diretti dal mitico Lillo Rogati al basso, hanno disegnato strutture sonore perfette per le evoluzioni vocali della Cooper. Tutta la band ha impressionato per qualità tecniche e gusto. Una segnalazione per Pablo Leoni alla batteria, tecnica e potenza inusuali per un musicista europeo. Un’altra per il giovane Stefano Galli alla chitarra, misurato e fantasioso anche alla slide.

Discreto cartellone, con alcune punte di diamante che ci fanno ben sperare anche per la terza edizione della rassegna, possibilmente in un periodo della stagione meno affollato di eventi!
 
 

Joe Vescovi e Angelo Agnisola

 

Aida Cooper

 

 

 

 

 

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