Casertavecchia 3 Settembre. Puntualmente (sic!) in ritardo anche ieri sera (lo
spettacolo è iniziato alle 21:10 anziché alle 20:30 com’era previsto), il
Teatro della Torre ha offerto ad un pubblico prevalentemente giovanile uno
spettacolo allegro e coinvolgente. Ha esordito dapprima il “collettivo
artistico”, come amano definirsi i Têtes de Bois: un sestetto composto da
Andrea Satta alla voce, Carlo Amato al contrabbasso, Luca De Carlo alla tromba
e chitarra, Angelo Pelini al pianoforte e alla fisarmonica, Maurizio Pizzardi
alle chitarre, Gianni Di Renzo alla batteria.
La loro breve esibizione, durata all’incirca una mezz’ora, attira subito il
pubblico e viene suonata solo con strumenti acustici. Nessuna tastiera, nessun
campionamento, nessun sequencer: tutto è affidato alla presenza e alle capacità
dei componenti, tra i quali emerge il carattere coinvolgente del cantante.
Il gruppo, forse non molto conosciuto al vasto pubblico e che nel 2002 ha
vinto al Premio Tenco la Targa come
Migliore interprete, ha ricevuto quest’anno il Premio Lunezia Elite ad Aulla
(MS), per il valore artistico dei testi del disco “Pace e male” (L’amore e la
rivolta/Il manifesto, 2004), doppio album intessuto di rumori, umori, amori, di
impegno mai retorico e pensieri leggeri.
Il cd, per molti mesi presente ai primi posti delle classifiche indipendenti
curate da Musica&Dischi/Afi, è stato prescelto dal Comitato Direttivo del
Lunezia con la seguente motivazione: “i Têtes de Bois rappresentano un sicuro
punto di arrivo per l’arte e la cultura musical-letteraria italiana. Il loro
lavoro è il prodotto di quella cultura che il Premio Lunezia, nella sua
esclusività, da oramai dieci anni, cerca di valorizzare. Sono i versi che
acquistano una magica leggerezza e atmosfera nella musica, la poesia in canzone
che non comprende solo il ritornello di un’estate, ma che entra nelle nostre
coscienze, nell’intelligenza del nostro bagaglio spirituale e che riesce a
distinguersi dalla piattezza generale grazie a questa unica e irripetibile
forma d’arte”.
Têtes de Bois è comunque una band molto particolare, un sestetto riunito in
un cammino fatto di strade e svincoli, di luoghi impropri, di Berlino e di
Parigi, di concerti sulle scale mobili nei sotterranei dei metrò, di un
camioncino Fiat 615 del 1956 (una delle prime ribalte da cui esibirsi), di
fabbriche abbandonate, di esibizioni sui tram, nelle stazioni ferroviarie, ma
anche nei club, centri sociali, teatri e festival prestigiosi.
La loro musica si muove attraverso la ricerca di una formula diversa, fatta di
parole e suoni catturati nei luoghi della quotidianità: dove —come recita il
cantante tra una canzone e l’altra— un cartellino orlato su cui è scritto con
grafia femminile “E’ nata Bianca” attaccato ad un portone di un palazzo medio
borghese di Milano rappresenta la prova che una moglie dà al proprio marito…
sulla fine della sua storia d’amore con quel tizio di colore. Ecco un esempio
di ambiguità, utilizzato per spiegare le loro canzoni come, tra le altre: “Le
rane”, “La canzone del ciclista”, “Vomito”.
Il pubblico si scalda, è l’ora del protagonista della serata: Daniele
Silvestri.
Entra sul palco però un ragazzo capelli a zero e T-shirt bianca (l’attore
Rolando Ravello), che si siede ad un tavolinetto posizionato al centro del
palco. Vende bottigliette d’acqua al chitarrista ed al bassista che, ad uno ad
uno, entrano posizionandosi poi ai loro posti.
Per ultimo entra Daniele Silvestri. Anche lui acquista una bottiglia d’acqua
e si appresta ad incominciare la sua performance. Accordatura di chitarra e
ultima occhiata alla pedaliera, e partono i primi applausi; una voce femminile
gli grida: “Bravo!”. Con fulminea replica, Daniele risponde divertito: “Grazie,
…per così poco. Non ho ancora iniziato!!”.
Il canovaccio della serata è portato avanti dal venditore di bottiglie
d’acqua che, tra una canzone e l’altra, narra della sua vicenda familiare. In
questo modo introduce le varie canzoni del cantautore romano. Scorrono,
accompagnate dal battito di mani ritmato del pubblico: “Le cose in comune”, ”Il
flamenco della doccia”, “Me fece mele a Chepa”, “Choiba”, “Se potessi aver
1.000 euro al mese” sulla quale Daniele ad un certo punto inventa delle parole
perché ha chiaramente avuto un’amnesia su un punto della canzone. Il pubblico
non dà troppo peso alla cosa e lo applaude ancor più affettuosamente.
La composizione della band —2 chitarristi ed un bassista, oltre ad una
batteria elettronica registrata “in loop”, azionata e fermata con una pedaliera
comandata dal cantante— lascia però delusi i fans che a gran voce gli chiedono
di suonare i suoi pezzi forti, quali ad esempio “Salirò” o “Kunta Kinte”.
Quel tipo di canzoni –spiega il cantante alla folla– non possono essere
riprodotte con il carattere della serata, “unplugged”, e con gli strumenti a
disposizione dei musicisti.
Poco male. Il pubblico ritorna a casa divertito e contento di aver ascoltato
il suo beniamino dal vivo.
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