Casola, 26 Agosto. Per la rassegna”Eremo visibile\invisibile” l’etnomusicologo
Augusto Ferraiolo ha presentato, in anteprima, il film da lui realizzato in
collaborazione con Paolo Favero, the tammorra displaced.
…E’ la seconda volta (la prima è stata a casa dell’autore) che ho potuto
assistere alla proiezione del corto e devo dire che per quanto mi riguarda
potrei rivederlo ancora molte volte senza annoiarmi, in primo luogo perché
il filmato stesso è bello, veramente bello, girato con la “tecnica” del
videoclip, immediato, con cambi di scena improvvisi ,dissolvenze a palate,
flash a velocità subliminale. In secondo luogo perché gli spunti che esso
offre sono davvero tanti: le feste mariane con le scene di donne in trance,
l’urbanizzazione selvaggia contrapposta alla vita contadina, le lotte
operaie ed il ricordo dei drammatici fatti della fabbrica Flobert,
l’inquadratura iniziale con Antonio Esposito che costruisce la tammorra che
non a caso è anche l’ultima e Marcello Colasurdo che rappresenta il
classico, ma non troppo, della musica popolare.
Chi non è a digiuno di “cose popolari” potrà trovare, sbagliando, "The
tammorra displaced" superficiale, non esaustivo, addirittura in alcuni
momenti “poco tradizionale”.
In realtà è lo stesso Augusto a rispondere a questi dubbi affermando che lo
scopo del film non è certo quello di fare un opera enciclopedica sulla
tammorra e la tammorriata magari da vendere in comode uscite settimanali per
Del Prado, Hachette, Fabbri o De Agostini. Non sarebbero bastate 400 ore di
filmato per riuscire a confezionare un mattone del genere.
Scopo del filmato, piuttosto, è provocare lo spettatore, scioccarlo con la
contrapposizione tra tradizione e modernità, offrirgli spunti di discussione
e di approfondimento. Quello che interessa all’autore è il primo livello,
quello della sensazione. L’intenzione è quella dell’opera aperta che lascia
al lettore la possibilità di essere compartecipe della realizzazione. Certo
richiede un minimo di sensibilità antropologica, ma non necessariamente di
sapere come viene suonato o come viene prodotto il tamburo che è l’elemento
di giunzione dell’intero filmato. Ecco perché all’interno del cerchio della
tammurriata si trovano anche degli etnoantropologi del Connecticut che
dimenticano l’antropologia e si buttano a ballare magari con i 'no global'.
Ecco la storia è questa: la tammorriata esce dalla Campania, arriva in
America e ritorna da noi con la Jennifer che nel film balla meglio di quanto
possiamo farlo noi!
E se qualcuno spera di trovare risposte per quanto riguarda l’eterna
diatriba sul fatto che la tammurriata e la musica popolare debbano essere
fedeli il più possibile alla tradizione e rimanere ancorate ai propri canoni
o se debbano evolversi senza paura di perdere qualcosa che ormai appartiene
al passato sbaglia perché per Augusto e anche per me la risposta non esiste,
o se vogliamo dirla come Bob Dylan: “the answer my friend is blowing in the
wind”.
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