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Paolo Fresu è un ex enfant prodige della tromba italiana, ex musicista
intimista dall’aria bohemienne che suonava seduto su una sedia, ex taciturno.
Oggi è un simpatico quarantenne leggermente brizzolato, capelli corti, fisico
asciutto, posa plastica durante gli a solo: il palcoscenico è la sua casa, lui
suona, detta i tempi, gigioneggia col pubblico.
E’ senza dubbio uno dei più bravi trombettisti europei: tecnica sopraffina,
inventiva, citazioni musicali dotte.
I musicisti che lo attorniano sono i compagni di un’avventura lunga vent’anni,
caso di longevità unico nel panorama jazzistico italiano. Roberto Cipelli è
pianista dallo stile terso e compositore raffinato, Ettore Fioravanti è drummer
presente e impulsivo, Attilio Zanchi è bassista di lungo corso e d’eterogenee
esperienze, tra cui l’open form trio di Bobby Watson, Tino Tracanna è un
ancista hot di piena estrazione hardbop.
Poi sono affiatati, tutti amici, hanno mestiere, girano l’Europa mietendo
successi. La Blue Note, caso insolito per il jazz italiano, li ha di fatto
sdoganati, affrancandoli dall’aura di nostranità per lanciarli sul proscenio
universale, avendo pianificato per ciascuno di loro un album da leader.
Il concerto di Teano è stato un grande successo di pubblico.
Per lo più mainstream ortodosso, a volte bop di maniera, accattivante,
godibile, coi fiatasti in particolare evidenza spesso in duetto botta e
risposta, il pianista un po’ defilato, la ritmica a fare da puntello senza mai
tracimare, fatta eccezione per un a solo di Fioravanti.
Trascinante il “Monkeys” di Tracanna, suggestivi i riverberi nel rarefatto
“Kosmopolities” di Capelli, il refraim del vecchio “Blues for you” che diventa
un pezzo bop, l’ammiccante prologo R&B a ritmo di marcia da cui si dipana un a
solo breckeriano del saxista.
Fresu alterna il suono caldo di un flicorno da copertina a quello
sdrucciolevole da tromba con sordina, a volte resa polifonica da un’eco
elettronica. Il suo a solo più intenso nella chanson “Que reste-t-il de nous
amour”.
Un concerto per le grandi platee, un repertorio infiocchettato, un po’
manierato.
Cosa è mancato? La ricerca, la trasgressione, l’avventura, il percorrere
(almeno in parte) strade impervie.
E, trattandosi di jazz, non è poco.
Ci è rimasta un po’ di nostalgia, si sarà capito, del Fresu bohemienne che anni
fa suonava seduto su una sedia in posa tutt’altro che plastica, che si guardava
dentro e stillava note.
Programma completo del Teano jazz festival
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Paolo Fresu
Tracanna
Fresu e Tracanna
Paolo Fresu e Attilio Zanchi |