Al Cuii mostra Cappiello-Corpora

Bellona (Ce) - dal 7 al 23 Luglio 2005

Comunicato stampa 


Si inaugura giovedì 7 luglio alle ore 18,30 a Bellona (Caserta), presso il Centro Umanistico Incontri Internazionali (Cuii) di Antonio e Aika Sapone, la mostra dedicata a Giovanni Cappiello e Antonio Corpora. I testi in catalogo sono del critico d’arte Enzo Battarra, con la prefazione del sindaco di Castel Morrone Aniello Riello e un intervento di Marina Scialdone.
L’esposizione, che si avvale del patrocinio del Comune di Castel Morrone, resterà aperta fino al 23 luglio, dal martedì al sabato, dalle ore 16 alle 19.
Due artisti di due generazioni diverse, se non addirittura contrapposte. Giovanni Cappiello, di Castel Morrone, muove i suoi primi passi nel 1990. Da allora una continua crescita sia dal punto di vista della qualità del lavoro sia per quanto riguarda la sua notorietà tra gli addetti ai lavori. Antonio Corpora, scomparso lo scorso anno, è stato un protagonista dell’arte italiana e internazionale del secolo scorso.
Scrive Enzo Battarra: “La purezza: ecco cosa ci sovviene guardando le tele di Giovanni Cappiello. C’è un lirismo puro, un’idealità che supera la corteccia della vita. Ma, al tempo stesso, si sa che una qualunque opera non può nascere al di fuori del contesto in cui matura. Allora, bisogna diradare i sogni e bisogna andare a leggere quelle che sono le motivazioni di questa pittura senza confini.
E dentro l’opera c’è una realtà, sublimata ma presente, una realtà fatta di incontri e di relazioni personali, ma anche di notizie e di informazioni che provengono dall’etere e che riguardano i tanti accadimenti che si susseguono incessantemente sulla crosta terrestre”.
Il lirismo puro di Cappiello si confronta con la grande energia sprigionata nei suoi lavori da un maestro come Corpora.
“Dov'è l'uomo – scrive Battarra – nelle opere di Corpora, dov'è il dominatore di mari e di terre, dov'è l'impavido? E' sempre al di là dell'opera, sommerso dalla luce, esaltato dalla vita. E' comunque assente, la sua presenza non è palpabile, sfugge al ricordo, alla visione. C'è troppa tensione in ogni opera per poter assecondare altre presenze. Chi racconta di altri in realtà narra di se stesso. Non c'è spazio, in ogni nostra solitudine, per riferire altre storie. L'uomo è così una macchina invisibile. Seppure imperfetto, è comunque una macchina che porta in sé il senso della vita. E i nostri occhi devono imparare a leggere più in profondità le pieghe dell'animo. Lì dove l'uomo esce di scena”.
 

 

 

 

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