Giovedì 14 aprile. Con l’aiuto di Tullio Pizzorno raggiungiamo
telefonicamente il grande chitarrista Alberto Radius. A beneficio di chi
ha meno di 25 anni, ricordiamo che Radius è stato fondatore dei Formula 3 (gruppo che supportava le rare
esibizioni live di Lucio Battisti e ne curava gli arrangiamenti in studio), ha
collaborato con Franco Battiato, Giuni Russo, Vince Tempera, Loredana Bertè,
Celentano giusto per fare qualche nome.
Alberto Radius è stato un punto di riferimento per tutti gli amanti delle sei
corde degli anni ‘70. Faceva parte di quel mondo socialmente e politicamente
impegnato che musicalmente aveva riferimenti nei paesi anglosassoni. Nel corso
degli anni, il suo stile è cambiato in base alle mode e agli stili, ma la sua
maestria è cresciuta notevolmente. Insomma, è come il vino: più invecchia, più
è buono.
Angelo Agnisola: Prima ancora di cominciare mi sia permesso di
ringraziarti a nome dell’Ass. Cambio de Sentido, del portale Casertamusica.com
e di New Radio Network per aver aderito alla nostra rassegna. Per noi “piccoli
operai”, ma grandi amanti della musica è un onore, oltre che un piacere, poter
scambiare due chiacchiere con te.
Alberto Radius: Anche per me è un piacere. Vedi, devo dire che
ultimamente c’è un cambio di rotta. Oggi le piccole radio, come anche le
piccole organizzazioni, sono molto sincere. Questo avviene perché non ci sono
troppi soldi a manipolare le cose. La musica che passano nei grandi network,
invece, è assolutamente irrisoria. Non ce la facciamo più a sentire Max e Pinco
Pallino. Non ne possiamo più di questa musica asettica, stupida, che ci sta
martellando da anni e che sta facendo friggere tutta l’ “altra musica” che è
molto più interessante.
Angelo Agnisola: Sacrosanto grido d’allarme nei confronti del consumo
indifferente e di quella perversione della “musica per tutti”. E’ il tempo
della musica tiepida?
Alberto Radius: Fin quando ci fanno sentire Max Pezzali! Per carità, è
un bravo ragazzo, niente contro di lui, ma è terribile. Max è solo uno dei
tanti. L’altro giorno mi sono trovato in una radio nazionale mentre sceglievano
i brani da inserire in una compilation. C’erano canzoni che solo un bimbo in
fasce può scrivere. Letteralmente. Eppure sentivo i tecnici esultare: “Evvai,
ci siamo, questa è forte”. E’ triste quello che sto dicendo, perché si può dire
male di tutti ma non della musica. Purtroppo esiste un meccanismo squallido che
la sta uccidendo. Le case discografiche sono in crisi non per la musica. Sono
in crisi perché loro sono in “crisi”; i Rolling Stones dicevano “diciannovesimo
esaurimento nervoso”. I discografici sono finiti, sono al centesimo, non
capiscono più un cazzo. Ormai sono fregati, e meno male che lo sono! Le
scrivanie di queste multinazionali stanno diventando sempre più piccole, fra un
po’ gli rimane un comodino a testa e quel comodino sarà l’ultima speranza, le
ultime migliaia di euro al mese che arrivano. Mettendo da parte i soliti
quattro o cinque che vendono e che non fanno testo, i discografici hanno fatto
morire per loro colpa tutto il mercato.
Angelo Agnisola: Hai collaborato tra gli altri con Gianluca Grignani.
Sono tue le chitarre sul pezzo “L’Aiuola”. Testo semplice, musica orecchiabile,
successo discografico e tormentone radiofonico. Gianluca come Max?
Alberto Radius: Al di là dei testi che possono apparire effimeri,
Grignani è, a mio avviso, un grande artista e di sicuro uno dei pochi a
salvarsi. L’aiuola, siamo d’accordo, è un pezzo stupido, per le ragazzine, però
sotto c’è un temperamento anni ’70 / 80 molto interessante. Max & Company non
sanno fare niente, sono stonati, squadrati, a qualcuno di loro devi dare anche
l’attacco. Sono ascoltati perché pagano i network a suon di quattrini; queste
grosse emittenti, in pratica, sono costrette a proporre dei veri e propri spot
per alcuni artisti, ed è per questo motivo che ascoltiamo sempre le stesse
canzoni e gli stessi nomi. D’altra parte non riesco a intravedere una via
d’uscita a questa situazione. Probabilmente siamo tutti fottuti.
Angelo Agnisola: Le tue sono parole dure. Forse troppo. Ma sono le
parole di una persona che ama profondamente la vera musica e quindi
comprensibili. Oggi prevale il consumo indifferente mentre la musica dovrebbe
essere un arte nobile bisognosa d’amore, di occhi e orecchie allenati
all’unicità del genio, al ragionamento sottile, al godimento estetico. La tua è
così, è rimasta la tua musica!
Alberto Radius: Senza dubbio le mie cose sono centellinate al massimo,
vissute in prima persona. Un brano mi deve piacere per almeno sei mesi
altrimenti neanche lo registro. Ad esempio, ho pronto un disco nuovo, ma prima
di pubblicarlo aspetterò almeno tre anni perché prima devo assaporarlo. Non si
può pensare di fare un brano da un giorno all’altro. La musica non è una
marchetta. Ogni brano è come un figlio, come un quadro, te lo ritrovi sempre
davanti e se c’è un errore prima o poi te ne accorgi.
Angelo Agnisola: Mi hanno riferito che non sei in grado di stare
per più due ore senza toccare una chitarra. Uno dei tuoi ultimi lavori suona
“Please my Guitar”. Cosa rappresenta per te le la chitarra?
Alberto Radius: Senza dubbio la chitarra è uno stile di vita. In questo
momento sono a casa, mia moglie è a dormire, la sala di registrazione è chiusa.
Mi trovo nella camera degli ospiti, e chi sono gli ospiti? Chitarre e
amplificatori. C’è un “Vox C100” come quello dei Beatles che spadroneggia, c’è
un Fender “Super Reverb”, poi un “Line six” alto come una capanna, e poi ancora
tutte queste chitarre belle, gagliarde, messe lì ognuna al suo posto. La
chitarra è parte integrante della mia vita, del mio spirito. Per come la vedo
io la chitarra è lo strumento più bello e affascinante. E’ come il sax però
puoi fare gli accordi. Il pianoforte è uguale ma non lo puoi manovrare come la
chitarra, non puoi fare il bending, tante cose risultano limitate. E’
difficilissimo suonare il pianoforte con espressione, ma non come la chitarra.
Prendiamo il sax. E’ uno strumento bellissimo, ma se chiedi ad un musicista di
farti un Fa maggiore ti manda a quel paese. La chitarra è uno di quei pochi
strumenti che ti permette di gettare il sangue sugli assoli, oltre che fare un
accompagnamento; questa è la sua caratteristica principale. Poi la chitarra è
lo strumento per eccellenza del rock. Il Mi maggiore è ancora l’accordo
prediletto da tutti i chitarristi.
Angelo Agnisola: Ci hai parlato dei mali attuali della musica, della
follia dell’industria musicale e di tutti gli antipatici corollari che ne
derivano. Cosa ti senti di consigliare ai giovani che, nonostante tutto,
continuano a fare musica con entusiasmo e passione?
Alberto Radius: Purtroppo non posso dare nessun bel consiglio. La musica
in Italia può essere considerata buona solo se intesa come hobby. Ad esempio,
ci sono tanti artisti seri e talentuosi che arrivano a fare cose anche
interessanti. Ma se arrivati a trent’anni la vita non cambia, anche in termini
economici, si ritrovano a fare i fattorini. Lo dico nel senso buono, perché non
si smette mai di sperare quando si è bravi, ma i ragazzi oggi partono molto
svantaggiati. Non è che possono venire tutti a Milano a bussare alla Wea; i
discografici non ascoltano e non stanno a sentire nessuno. Non mandate provini
a queste multinazionali, vengono tutti inevitabilmente cestinati. Fino a quando
non cambiano le cose siamo tutti fregati.
Angelo Agnisola: Dunque, corrono tempi bui e di oscurantismo. Ma la
musica ha ancora un futuro?
Alberto Radius: Ci vorrebbe la palla vetro per saperlo! Tuttavia, in
questi tempi bui, fa piacere notare che nel caos nevrotico che governa il mondo
dei cd, la musica live suona come un’oasi di pace e di realtà. Il rapporto e il
confronto con il pubblico rappresentano ancora i momenti più autentici e forti
per un artista. Non dimentichiamoci che si fa musica per comunicare, non per
fare i dischi. La musica live è oggi l’unica cosa che funziona anche in termini
economici. Un pubblico che ti segue, che sia da stadio, pub o piano bar, ti
permette di arrivare a domani, e di andare avanti.
Angelo Agnisola: Permettimi di cogliere la palla al balzo. La nostra
rassegna sul panorama chitarristico della nostra provincia terminerà a Giugno
con un concerto finale. Sarebbe bello poter continuare questi interessanti
discorsi in quella occasione. Accetteresti il ruolo di testimonial?
Alberto Radius: Basta una telefonata corredata da polpettone di Tullio e
mozzarella di bufala. Scherzi a parte, ti ringrazio per questa proposta e per
questa chiacchierata. Queste iniziative sono le cose interessanti e belle della
musica. Continuate così perché siete voi l’altra faccia della musica.
Angelo Agnisola: Complimento migliore non potevi farci. Per chiudere una
domanda d’inclinazione marzulliana. Se dovessi inviare un messaggio in una
bottiglia, cosa ci scriveresti?
Alberto Radius: Nella bottiglia c’è scritta solo una cosa: AIUTO!! |
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