Giovedì 7 Aprile. Incontriamo negli studi New Radio Network gli ospiti della
quinta puntata di “Accordi in sei corde – Ricognizione”. L’esplorazione del
panorama chitarristico della nostra provincia prosegue con Alfonso Marotta,
Franco Discanno e Felice Imperato.
Angelo Agnisola: Quanto alle emozioni che stanno dietro la musica,
risulta evidente come ci sia sempre stata una grande varietà d’intenti e
d’ispirazioni. C’è chi suona per le rose e chi per il pane, chi per far ballare
e chi per dare le ali a ciò che qualcuno ha scritto, chi vuole stupire e chi
ammaliare, chi è contro e chi subisce, chi è un po’ tutte queste cose insieme e
chi non lo ha ancora capito, o fatto capire. Poi, c’è chi suona nei ritagli di
tempo con l’idea di fare musica anzitutto per un piacere personale,
condividendo con un pugno di amici accordi, passioni e ricerche. E’ il vostro
caso, giusto? Parliamo dei vostri incontri “domenicali”.
Alfonso Marotta: E’ così. Io, Felice e Franco ci vediamo quando il
lavoro ce lo permette, in pratica solo la domenica. Nei nostri incontri ci
dedichiamo totalmente alla musica che più ci piace, a quella che ci unisce in
un ritorno alle nostre personali tradizioni e origini artistiche. Da un po’ di
tempo stiamo lavorando ad un progetto di ricerca e di rivisitazione di brani di
Crosby Stills & Nash Young e dei Beatles soprattutto laddove ci sono dei
particolari effetti vocali. Nonostante siamo tre chitarristi, il lavoro
principale lo dedichiamo alle parti vocali. E’ un lavoro molto particolare e
che ci affascina. Abbiamo la fortuna di poter accedere ad un repertorio
bellissimo, non suoniamo avendo pretese particolari e non per proporci nei
locali, lo facciamo per gioco, quindi prendiamo i brani assolutamente più
complicati, quelli che pensi <<…come sarebbe bello riuscire a fare quel
brano!!>>.
Angelo Agnisola : Tre chitarre e tre voci. Come è avvenuto questo
incontro di “corde”?
Franco Discanno: Dopo un’amicizia di lunga data il rincontro è stato
piuttosto casuale. Un pomeriggio ci incontrammo per caso Alfonso ed io al bar.
Parlammo del progetto e cominciammo a suonare insieme. Qualche mese dopo,
ancora al bar, incontrammo Felice. Per i chitarristi e per chi ama la musica
vocale il nostro repertorio piace, così anche Felice ha aderito al nostro
progetto “felicemente”.
Angelo Agnisola: Felice, oltre a suonare con Alfonso e Franco, hai
collaborato con l’attore Pireluigi Tortora, con il cantautore Gennaro Vitrone.
Dal rock al jazz, dal teatro alla musica d’autore. Qual è la tua dimensione
migliore?
Felice Imperato: Non ce n’è una in particolare. Penso che il linguaggio
artistico vada alimentato sempre con nuovi stimoli. A me piace molto lavorare
sui suoni e questo necessita una continua ricerca. Mi trovo molto bene con la
band di Vitrone perché c’è un continuo scambio reciproco di idee. C’è
entusiasmo per un lavoro di ricerca della forma-canzone che non esclude nessuna
soluzione utile per mettere a fuoco la più nascosta delle sfumature artistiche.
Angelo Agnisola: Parliamo del vostro incontro con la musica. Come mai la
scelta della chitarra?
Alfonso Marotta: La scelta era inevitabile all’epoca. Erano gli anni dei
Beatles, dei Rolling Stone. Erano gli anni della grande esplosione del rock e
della diffusione in Italia di musica straniera. In quel periodo la chitarra
elettrica era la regina degli strumenti, aveva aperto un affascinante mondo
pieno di nuove sonorità. In quel periodo era inevitabile avvicinarsi alla
chitarra . Mio fratello mi regalò una Eko ed iniziai a strimpellare armato di
libretto degli accordi e canzoniere. Poi comprai un disco del M° Mario Grangi,
mi innamorai della chitarra classica, e iniziai a prendere lezioni dal M° Mario
Quattrocchi che mi ha aiutato a coltivare l’amore e la passione per questo
strumento.
Felice Imperato: Ho preso in mano la prima chitarra quando ero ancora un
bambino. Ricordo che avevo con lei un atteggiamento anarchico; per i primi mesi
non mi interessava provare a fare un accordo o un brano, il mio divertimento
stava nell’ascolto dei vari suoni, nell’esplorazione della tastiera. Poi venne
l’esigenza di capire, di studiare. Purtroppo dovetti sospendere gli studi
anzitempo e ho iniziato ad apprendere da chi ne sapeva più di me. Questo ha
portato ad aprirmi, a scambiare e confrontare idee con tanti artisti cercando
di assimilare il più possibile da ogni linguaggio artistico. Il mio ascolto
relativo alla chitarra è stato condizionato in maniera folgorante dalla musica
sudamericana, da quella andina a quella cubana, cilena e brasiliana. Quindi un
ascolto di una concezione armonica completamente diversa e, per certi versi,
più complicata della nostra.
Franco Discanno: Anche la mia prima chitarra era una Eko, all’epoca
fatturava quanto la Fiat! Iniziai a suonare per gioco, il mio repertorio si
limitava all’edizione dell’epoca del mini-canzoniere. La folgorazione avvenne
nell’estate del ’68 quando un mio amico mi fece ascoltare da una chitarra Jumbo
i primi rudimenti della tecnica fingerpicking. Questa tecnica apre un mondo
nuovo per i chitarristi e ne rimasi totalmente affascinato. Di seguito
cominciai a suonare con questa tecnica, a Caserta, con alcuni amici.
Angelo Agnisola: Che musica ci gira intorno?
Alfonso Marotta: In sostanza c’è di tutto. Oggigiorno la musica è
diventata accessibile a tutti, ce n’è per tutti i gusti. Serve però una cultura
e un educazione musicale per scegliere la musica buona.
Angelo Agnisola: Viviamo nel tempo delle suonerie, di Mtv e degli amici di
Maria. Vi sembra ci sia cultura musicale?
Felice Imperato: Assolutamente no. Qualcuno in via provocatoria disse
che questa è la fortuna dell’Italia. In Italia la qualità non paga ed è tutta
una questione di educazione. C’è poco allenamento all’ascolto e il più delle
volte si è costretti a crearsi un proprio gusto musicale sulla base
dell’offerta delle radio delle tv. Penso che l’ascolto inteso come capacità
percettiva sia alla base del piacere musicale. Che fare? Cominciare dalle
scuole. Cambiare l’educazione musicale in educazione all’ascolto, abituare gli
studenti ad affiancare lo studio della musica a quello della matematica,
aiutare i giovani ad allontanare la tentazione di vivere la musica come un bene
superficiale, e di considerarla al contrario una cosa preziosa.
Franco Discanno: Ci sono anche delle gravi carenze strutturali che
talvolta impediscono la formazione musicale dei giovani. Ad esempio Caserta è
l’unica provincia della Campania a non avere un conservatorio, non c’è un’
Accademia musicale vera e propria e questo rappresenta un grosso deficit per la
diffusione della musica della nostra provincia. Anche perché a Caserta di
musica se ne fa tanta e anche di ottima qualità.
Angelo Agnisola: Il nodo del problema è sempre lo stesso. Tanta buona
musica, tanti ottimi musicisti, ma pochi spazi.
Alfonso Marotta: E’ così, ed è un peccato. Purtroppo non ci sono molti
spazi dove poter fare musica, non contando i locali. A Caserta manca un
auditorium. Si dovrebbe iniziare ad investire sulla musica e sul suo potere di
crescita sociale. Si dovrebbero creare infrastrutture capaci di rendere la
musica fruibile a tutti.
Felice Imperato: Anche io penso che la nostra provincia sia musicalmente
molto viva. Il problema delle strutture esiste e si avverte. I musicisti ormai
si sono abituati a suonare tra panini e birre perché il locale rappresenta
l’unica possibilità di avere un confronto col pubblico. Tra l’altro penso che a
Caserta ci sia un ottimo allenamento all’ascolto, c’è molta generosità tra i
musicisti e molta voglia di unire le forze. E’ bastato che qualche musicista si
desse appuntamento in un locale per qualche jam session che già la cosa è
diventata un evento. Questo per dire che a Caserta di voglia di musica ce n’è
davvero tanta.
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