Let the people boogie: Paolo
Bonfanti allo Jarmush Club
Caserta 5 Dicembre 2004
Articolo di Max Pieri |
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Caserta, 5 Dicembre 2004. E’ la seconda volta che vedo in azione Paolo Bonfanti, uno dei più importanti
ed apprezzati chitarristi blues italiani. Nell’estate 2002 avevo assistito ad
una sua performance a supporto di Roy Rogers. In quell’occasione il chitarrista
genovese si “era… limitato” a fornire la giusta cornice al furioso slider
americano in un concerto davvero entusiasmante.
L’esibizione di domenica 5 dicembre ci ha restituito un Bonfanti nudo e
crudo che, pur di fronte alla spietatezza della dimensione solo-acoustic, ha
dato vita ad un live-act aderente alla fama che lo accompagna. Con la chitarra
a tracolla ha attraversato in lungo e largo diversi stili musicali.
Finger-style, slide e accordature aperte d’ogni tipo sono stati gli elementi
usati per ridefinire i confini dell’american music, collocandola in un ambito
stilistico più generale, maggiormente inserito nel contesto concettuale di
musica etnica.
La song list della serata ha previsto diversi strumentali come l’iniziale
“Valley Jam” ed il bluegrass “Funky Mountain Special”. Immancabili alcuni
classici blues come la versione quasi spettrale di “Me And The Devil” di Robert
Johnson e l’esilarante “Running Shoes” di Juke Boy Bonner. Gli episodi più
interessanti sono stati comunque i brani composti dal chitarrista ligure, in
particolare quelli della più recente produzione discografica, cantata in
italiano e dialetto genovese. “Io Non Sono Io” è un brano teso a definire la
sottile linea di demarcazione fra follia e sanità mentale. “De Longo In Giò
(Sempre In Giro)” rappresenta il destino del musicista che passa raramente
attraverso i consueti canali promozionali (tv, radio, giornali), costruendosi
la notorietà con il perpetuo viaggiare. “Baixinn-a (Pioviggina)” è una bossa
dialettale, interpretazione di un brano del repertorio di Natalino Otto, il
capostipite dei crooner italiani. Infine vanno ricordate “Route One”, un’elegia
della Statale 1 Aurelia, svagata come solo “Il Sorpasso” di Dino Risi può
essere e una versione incendiaria di “The Misgovernment Blues”, affilato
acoustic funk che ha strappato un’ovazione finale a tutti i presenti.
Grande artista e grande performance. Chi ha mancato l’appuntamento non ha
giustificazioni e può solo rammaricarsene. |
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