Ambrogio Sparagna all’Isola

Caserta - 23 Gennaio 2004

di Doralisa Barletta


Prosegue il programma di incontri con artisti affermati del mondo della musica popolare mediterranea organizzati dall’associazione culturale musicale “L’isola” di Caserta.

Particolarmente apprezzato il seminario di venerdì 23 gennaio, sebbene il termine “seminario” appesantisca ingiustamente la particolare aria che si è respirata ascoltando Ambrogio Sparagna: è un suo particolare pregio rendere piacevole un discorso dai contenuti importanti, un po’ come un’ enciclopedia che parla il linguaggio leggero ed immediato delle fiabe.

Di certo molti di coloro che sono intervenuti all’incontro sono tornati a casa con un preciso intento: “Domani acquisto un organetto e imparo a suonarlo!”. Se poi nessuno ha mantenuto fede a questo desiderio, il solo fatto di averci pensato, anche solo per un istante, dimostra quanto l’entusiasmo del “cantastorie di opere folk” sia contagioso.

Chi bazzica anche solo un po’ il mondo della musica popolare conosce Sparagna, un uomo che ormai è difficile immaginare senza il suo organetto in grembo, quello che lui stesso ha definito una proboscide, il prolungamento naturale della sua anima. “L’organetto mi ha cambiato la vita e ha cambiato me stesso”: ha cominciato così la fase più avvincente della sua storia di musicista, lui che è nato come cantante e che poi, ai tempi dell’università, ha sentito forte l’esigenza di esprimersi anche attraverso uno strumento. Ma Ambrogio Sparagna, come detto, non è solo un eccellente musicista, è anche un ottimo oratore, bravissimo a raccontare con semplicità, a fondere con maestria storia e aneddoti, ad inframmezzare nozioni con racconti di vita vissuta ed esperienze personali. Così il racconto del suo approccio all’organetto fa restare a bocca aperta, facendo rivivere la giovinezza di un ragazzo di un piccolo centro rurale che, barattando delle pecore, dà una nuova vita a sé e ad un organetto dimenticato tra le cianfrusaglie di un pastore. Due vite che si rigenerano dunque: Sparagna ha costruito il suo futuro sui suoni semplici di quell’organetto e quella magica scatoletta di legno ha ripreso a cantare grazie ad un curioso ragazzo di paese. Da quel momento la storia di Ambrogio Sparagna rimane legata al suono di quello strumento musicale e del mondo che esso stesso rappresenta, dagli anni dell’università, vissuti nella Roma sessantottina, a quelli del ritorno, da laureato in musicologia, ai luoghi natii ed alle tradizioni di un mondo che, dopo la meravigliosa pausa degli anni ‘70, ha rischiato di cadere nell’oblio negli ’80.

E Ambrogio Sparagna prosegue tutt’oggi la ricerca e lo studio di quel mondo ed è uno degli esempi di quanto cultura e studio siano rispettosi della semplicità e di come contaminazione non significhi necessariamente sconvolgimento di certe regole.

Ovviamente tutti al seminario si aspettavano, da un momento all’altro, che l’organetto - non ovviamente quello della storia - rimasto per un po’ zitto zitto su una sedia, prendesse a suonare. E così è stato. Ambrogio Sparagna per una mezz’oretta è quasi riuscito a convincere chi non ha mai avuto sotto mano uno strumento a mantice che suonare è un gioco da ragazzi, che basta perderci qualche minuto per farne uscire qualcosa di buono. Un’illusione che ha concesso solo fin quando non ha dimostrato la differenza tra “fare uscire qualcosa di buono” e “suonare (come lui!) l’organetto diatonico”. Così d’un colpo la voglia di ascoltare un suo concerto ha placato qualsiasi velleità di diventare un novello organettista … o forse qualcuno, anche uno solo di chi ha partecipato all’incontro all’Isola, entusiasmato dai racconti e dalla bellezze delle note di Sparagna, ha già acquistato (non in cambio di pecore questa volta!) un organetto e sta imparando a suonarlo! Risultato eccellente per un semplice seminario.

Ambrogio Sparagna durante il seminario

foto di Pia Di Donato

 

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