Prosegue il programma di incontri
con artisti affermati del mondo della musica popolare mediterranea
organizzati dall’associazione culturale musicale “L’isola”
di Caserta.
Particolarmente apprezzato il seminario di venerdì 23 gennaio,
sebbene il termine “seminario” appesantisca ingiustamente la
particolare aria che si è respirata ascoltando Ambrogio Sparagna:
è un suo particolare pregio rendere piacevole un discorso dai
contenuti importanti, un po’ come un’ enciclopedia che parla il
linguaggio leggero ed immediato delle fiabe.
Di certo molti di coloro che sono intervenuti all’incontro sono
tornati a casa con un preciso intento: “Domani acquisto un
organetto e imparo a suonarlo!”. Se poi nessuno ha mantenuto fede
a questo desiderio, il solo fatto di averci pensato, anche solo per
un istante, dimostra quanto l’entusiasmo del “cantastorie di
opere folk” sia contagioso.
Chi bazzica anche solo un po’ il mondo della musica popolare
conosce Sparagna, un uomo che ormai è difficile immaginare senza il
suo organetto in grembo, quello che lui stesso ha definito una
proboscide, il prolungamento naturale della sua anima. “L’organetto
mi ha cambiato la vita e ha cambiato me stesso”: ha cominciato
così la fase più avvincente della sua storia di musicista, lui che
è nato come cantante e che poi, ai tempi dell’università, ha
sentito forte l’esigenza di esprimersi anche attraverso uno
strumento. Ma Ambrogio Sparagna, come detto, non è solo un
eccellente musicista, è anche un ottimo oratore, bravissimo a
raccontare con semplicità, a fondere con maestria storia e
aneddoti, ad inframmezzare nozioni con racconti di vita vissuta ed
esperienze personali. Così il racconto del suo approccio all’organetto
fa restare a bocca aperta, facendo rivivere la giovinezza di un
ragazzo di un piccolo centro rurale che, barattando delle pecore,
dà una nuova vita a sé e ad un organetto dimenticato tra le
cianfrusaglie di un pastore. Due vite che si rigenerano dunque:
Sparagna ha costruito il suo futuro sui suoni semplici di quell’organetto
e quella magica scatoletta di legno ha ripreso a cantare grazie ad
un curioso ragazzo di paese. Da quel momento la storia di Ambrogio
Sparagna rimane legata al suono di quello strumento musicale e del
mondo che esso stesso rappresenta, dagli anni dell’università,
vissuti nella Roma sessantottina, a quelli del ritorno, da laureato
in musicologia, ai luoghi natii ed alle tradizioni di un mondo che,
dopo la meravigliosa pausa degli anni ‘70, ha rischiato di cadere
nell’oblio negli ’80.
E Ambrogio Sparagna prosegue tutt’oggi la ricerca e lo studio
di quel mondo ed è uno degli esempi di quanto cultura e studio
siano rispettosi della semplicità e di come contaminazione non
significhi necessariamente sconvolgimento di certe regole.
Ovviamente tutti al seminario si aspettavano, da un momento all’altro,
che l’organetto - non ovviamente quello della storia - rimasto per
un po’ zitto zitto su una sedia, prendesse a suonare. E così è
stato. Ambrogio Sparagna per una mezz’oretta è quasi riuscito a
convincere chi non ha mai avuto sotto mano uno strumento a mantice
che suonare è un gioco da ragazzi, che basta perderci qualche
minuto per farne uscire qualcosa di buono. Un’illusione che ha
concesso solo fin quando non ha dimostrato la differenza tra “fare
uscire qualcosa di buono” e “suonare (come lui!) l’organetto
diatonico”. Così d’un colpo la voglia di ascoltare un suo
concerto ha placato qualsiasi velleità di diventare un novello
organettista … o forse qualcuno, anche uno solo di chi ha
partecipato all’incontro all’Isola, entusiasmato dai racconti e
dalla bellezze delle note di Sparagna, ha già acquistato (non in
cambio di pecore questa volta!) un organetto e sta imparando a
suonarlo! Risultato eccellente per un semplice seminario. |
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