Caserta, 28 giugno 2003. Nella splendida
cornice del Belvedere di San Leucio, mercoledì sera ha debuttato
'Modi'...Maudits - I maledetti del '900', spettacolo scritto a
quattro mani da Nunzio Areni e Alfredo Saitto. L'idea nasce come
ideale proseguimento della mostra-evento su Modigliani e gli
artisti di Montmartre e Montparnasse, partendo proprio dalla
sofferenza pittorica del pittore livornese lo spettacolo messo in
scena si pone come una sorta di percorso basato sul ribaltamento
di suggestioni sonore e visive, dove la parola e la musica perdono
gli ineluttabili riferimenti temporali, in un gioco di
modernizzazione del passato e secolarizzazione del presente. Sul
palco due grandi orchestre dirette da Pino Jodice e Antonello
Paliotti, una a destra e l'altra a sinistra del palco. Al centro,
loro, i tanti protagonisti di "Modì Maudits" ovvero i
Maledetti del '900, in un'ideale staffetta tra musica, prosa e
poesia si sono alternati, tra gli altri, Alessandro Haber, Sergio
Rubini, Marina Tagliafierri, Monica Scattini, Stefano De Sando,
Tito Schipa jr, Gianni La Magna, Grazia Di Michele, Stefano Costa.
Si attraversa la disperazione di Billie Holiday o di Janis Joplin,
le cupe visioni di Edgar Allan Poe o di Pierpaolo Pasolini, le
sognanti idealizzazioni di Rimbaud, la poetica acida e visionaria
di Dylan. Va così in scena uno spettacolo che come un vasto
contenitore a scatole cinesi che si apre in tutta la sua multimedialità
svelando un mondo poetico e artistico da molti dimenticato o
peggio ignorato. Attori, cantanti e musicisti hanno raccontato la
vita pericolosa di chi "non ci vuole stare", di quelli
che hanno urlato ferocemente o timidamente sussurrato il proprio
male di vivere poeti e artisti maledetti, trasgressioni e
violenza, emarginazione, amore e morte, 'Mal devivre' e 'Spleen',
hanno fatto da base narrativa per una suggetiva messa in scena. Lo
spettacolo parte con Closer to you una coinvolgente introduzione
strumentale a firma di Pino Jodice, mentre sullo sfondo scorrono i
dipinti e le sculture di Modigliani, la musica diviene così
complementare alla pittura contaminata e straniante del livornese.
Poi nel buio un unico fascio di luce illumina sulla sinistra
una finestra del cortile che ospita il Teatro dei Serici, seduto
sul davanzale c'è Stefano De Sando che recita il primo monologo
dal titolo "Io sono Modì", la sua recitazione è a dir
poco coinvolgente, e lo sarà sempre durante il corso dello
spettacolo, ma qui si nota chiaramente come riesce ad
interiorizzare il personaggio da lui interpretato lasciando
trasparire quella velata drammaticità che è stata poi alla base
dello stile pittorico di Modigliani. Sul palco con impressionante
consequenzialità scenica, salgono Grazia Di Michele che
interpreta Vade Retro, Sergio Rubini in una sentita lettura di
"A Colei che è troppo gaia" di Baudelaire e Gianni
LaMagna che rilegge magicamente un Lieder di Schonberg. Sale poi
sul palco Alessandro Haber, che gela il sangue con una sofferta
lettura di Prima dell'Aids di Charles Bukowsky, la sua forza
espressiva fa in modo che sembri di assistere ad uno di quei tanti
reading poetici che lo stesso autore americano era solito tenere
nelle librerie di periferia quarant'anni prima. La rilettura
strumentale, in una eclettica ed inedita versione jazzata, di Like
A Rolling Stone di Bob Dylan è segno che stiamo per entrare nel
cuore dell'America, dove la penna acida e la chitarra del
menestrello di Duluth svelano quel mondo di tradizioni e
suggestioni che ha caratterizzato sempre la sua poetica. Mentre
Like A Rolling Stone si chiude in un tripudio esaltante di fiati,
sale sul palco Tito Schipa Jr., cantautore celebre per
aver inciso Dilaniato, un album intero con canzoni di Dylan da lui
tradotte in italiano, che recita Pensieri recenti su Woody Guthrie
(Last Thoughts On Woody Guthrie) una poesia scritta da Dylan
per il celebre folksinger americano e spesso recitata dal vivo nei
primi anni sessanta. "Quando la tua testa si distorce e la
tua mente è stordita.Quando pensi di essere troppo vecchio,
troppo giovane, troppo scaltro o troppo muto…." Queste
parole non possono che trasmettere un brivido che lentamente ti
trascina nei meandri di quella poetica densa di significati
nascosti, man mano che la poesia va avanti si viene lentamente
risucchiati in un atmosfera unica e questo grazie anche alla
sapiente traduzione di Tito Schipa che qualche decennio fa
tradusse l'intera opera di Dylan. Dopo la lunga e coinvolgente
poesia dilaniana, torna in scena Stefano De Santo, questa volta
nei panni di un Dylan che racconta della forza di resistere alle
continue denigrazioni e del suo non voler essere un mito. Il mondo
dei poeti maledetti comincia a svelarsi al pubblico di San Leucio,
quando Tito Schipa Jr. propone la sua versione in italiano di
Master Of War di Bob Dylan, I signori della guerra, anche questa
rivisitata in chiave jazz dalla band di Pino Jodice, l'esecuzione
è davvero particolarissima, non solo per l'inedita veste musicale
ma anche per l'interpretazione del cantautore romano, che
nonostante l'amplificazione riesce a tenere testa ad una big band
e non è poco. Dagli States si passa all'Europa con Bruxelles di
Verlaine e poi al Brecht di Barbara Song tratta da "Opera da
tre soldi". Il percorso della poesia maledetta tocca anche
l'Italia, ecco allora una bella rivisitazione in chiave jazz di
Bocca di Rosa di De Andrè ad opera di Stefano Costa, che dimostra
di essere oltre che un ottimo cantante anche un eccellente uomo da
palcoscenico. Si fa poi un passo in dietro toccando la Francia
con "Benoit Misère" di Leo Ferrè recitata da Sergio
Rubini a cui segue una bellissima versione di Marcia Nuziale
(versione in italiano di De Andrè di Marcie Nuptial di Brassen)
cantata da Grazia di Michele, insieme all'ensamble diretto da
Antonello Paliotti. Lasciando le atmosfere francesi si ci imbatte
nel lato selvaggio di Edgar Allan Poe e di Lou Reed, entrambi
accomunati dalla cruda rappresentazione della realtà, vengono così
alla luce "Un sogno in un sogno" di Poe recitato Monica
Scattini e Walk On Wild Side, prima recitata in italiano da
Stefano De Sando e poi cantata da Shawn Monteiro, che nel corso
della serata raccoglierà applausi a scena aperta per le sue
sentite e struggenti interpretazioni. La prima parte dello
spettacolo va verso la fine, ma uno spiraglio di luce giunge
ancora una volta dall'America, viene rievocata Billie Holiday
dalle parole di Tony Scott, interpretato da Stefano De Sando, e
per la seconda volta la voce di Shawn Monteiro viene applaudida
per una magica interpretazione di God Bless Child della cantante
jazz americana. Il destino drammatico e maledetto di Billie
Holiday diventa luminoso e nell' interpretazione della Monteiro
assume contorni che sanno non di semplice omaggio ma di completo
amore per la cantante jazz americana. Prima della fine viene
gettato uno sguardo anche sul mondo dei giovani contemporanei,
quelli che popolano i centri sociali, quelli che qualche tempo fa
furono etichettati come generazione X, oggi il ricordo di qualche
anno fa si fa meno oscuro, e si prende coscienza che quelle
proteste che allora potevano sembrare insensate oggi sono gonfie
di realtà. Ed ecco allora un bella versione di Curre Curre Uagliò
ad opera di Gianni La Magna che la rilegge in chiave quasi
balcanica con l'aiuto dell'ensamble di Antonello Paliotti. La
seconda parte dello spettacolo si apre con la figura di Jim
Morrison, rievocata da una versione strumentale del grande
classico dei Door Ligth My Fire e dalla poesia "Ode a Brian
Jones deceduto" recitata da Tito Schipa Jr. Si torna alla
Francia di Baudelaire e di Serge Gainsburg, e mentre si fa sempre
più pressante la presenza femminile di Janis Joplin, la cui voce
blues è diventata una delle icone di quella che è stata la
Woodstock Generation. La sua portata autodistruttiva, la sua
maledizione rivive nelle sofferte rivisitazioni di Mercedes Benz e
Summertime Blues, quest'ultima arrichita da richiami alla versione
strumentale di Miles Davis resa unica nel suo incedere
incredibilmente jazz ma anche dalla voce di Shawn Monteiro a dir
poco da brividi. Seguono Leider di Stravinsky e poesie di Brecht,
Panagulis e ancora Baudelaire, che è da sempre considerato il
padre della poesia maledetta. Il finale è riservato all'Antologia
di Spoon River di Edgar Lee Master, di cui a turno tutti gli
attori recitano un breve epitaffio. Assolutamente da brividi
"La Collina" interpretata da Tito Schipa Jr. che ci
riporta non solo il celebre autore americano ma anche il nostro Fabrizio
De Andrè che da questa poesia prese il titolo dell'album Non Al
Denaro Ne All'Amore Ne Al Cielo, che era appunto ispirato
all'opera del poeta americano. Insomma uno spettacolo
indimenticabile, la speranza è quella di vederlo presto in tour,
tuttavia sarà difficile per problemi legati ai tanti celebri
artisti che vi hanno preso parte, resta senza dubbio un ottimo
ricordo di questa riuscita esperienza nata dalla penna di Areni e
Saitto, che hanno magistralmente mescolato arte, musica e poesia
in uno spettacolo davvero senza precedenti. |
La locandina dello
spettacolo
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