Liberi (CE). Chi o cosa si cela dietro le
improvvise, inspiegabili sparizioni ancora irrisolte e tuttora
avvolte nel più arcano dei misteri? Questa domanda, affiorata per
così tanto tempo sulle labbra di tutti e passata di bocca in bocca,
è rimasta improvvisamente tronca per il ritrovamento del corpo
ormai senza vita di un altro figlio di questa terra angusta ma ricca
di verde incontaminato, ristretta in ambiti ben definiti ma
invidiata per i suoi boschi, le sue valli, i paesaggi unici, che
viene ricordata con particolare struggente nostalgia da chi ha
superato i primi ‘anta’. Qui, ogni vicolo, ogni angolo, anche il
più remoto, ha una propria storia che è legata alla gente
dignitosa e serena che vi ha dimorato brillando per umiltà,
intelligenza, laboriosità, vivere. Gente che ha sempre anteposto
agli interessi i sentimenti di amicizia e di solidarietà. Gente,
fiera, orgogliosa e rispettosa al punto da apostrofare i più
anziani con il ‘voi’. Gente che non dimenticherà mai il suono
del suo ‘campanone’, festoso quando annunciava la festività del
Santo Patrono e la Resurrezione del Signore e, purtroppo, sinistro
quando ‘chiamava’ a raccolta i contadini per un incendio
scoppiato all’improvviso. Insomma, una gente di altri tempi che
viene dal passato come la sua stessa terra, nota perfino agli
antichi romani che la scelsero come dimora soggiornandovi in modo
ottimale avendo realizzato templi e stabilimenti termali. Un posto
autoctono, blindato, fuori della portata di disubbidienti, no global,
ambientalisti, ecc.. Forse le cinque frazioni, Profeti, Merangeli,
Villa, Liberi (la vecchia “Sclavia”) e Cese, a 500 mt. sul metri
sul livello del mare, in un ambiente unico, puro, incontaminato,
dall’aria salubre e fresca, dalle sorgenti ricche di limpida
acqua, dai ruscelli chiari e fragorosi, ‘sanno’ troppo di un
passato che ci si ostina a richiamare e rinverdire per allontanare
il nuovo che spinge oltre, che promette di scrutare al di là di
quell’orizzonte che invoglia ed attira con la sua lunga striscia
di fuoco e che spesso, all’alba o al tramonto, consente a Capri,
Ischia, Procida ed al mare di Napoli di fare capolino. Oggi, chi vi
dimora, intendendo forse siffatta residenza come un romitaggio
forzato, avverte e subisce la lontananza, i limiti di un orizzonte,
di un infinito finito, la mancanza di idoli. Di qui, una latente e
per nulla mascherata insoddisfazione, la mancanza di stimoli e di
interessi, l’alienazione, l’isolamento. Di qui il grido di
aiuto, messaggio d’amore per quel paese natio che sembra
allontanarsi sempre più fino a perdersi oltre l’orizzonte,
lanciato da un noto professionista, da sempre e comunque legato a
questa terra piena di contraddizioni: “I motivi e le ragioni di
questi gesti sono forse il messaggio estremo di una persona
altrimenti bisognosa di comprensione e di aiuto materiale e
psicologico ritenendosi di fatto schiacciata da una società che
inesorabilmente corre travolgendo esigenze e distruggendo i
sentimenti. Conseguenza certamente di un ‘male oscuro’ che non
solo non allontana cattivi pensieri ma che porta ad annullare quei
legami di affetto e/o di interessi che caratterizzano il
comportamento della nostra vita. Insomma, in queste condizioni di
disagio e di abbandono, chi mai rimarrà dopo di noi a Liberi a
suonare la campana del paese e quegli strumenti dalla tradizione
contadina e popolare, ad assistere le poche anime nei momenti di
gioia o di dolore, a curare gli emigranti ritornati vecchi e senza
figli, nella casa costruita con tanto sudore?” |
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