CAPITOLO I
Il brigadiere dei Carabinieri Vincenzo Capece e il dottor De Grada, commissario di Polizia Giudiziaria, stavano indagando sulla misteriosa scomparsa del gatto Alcibiade, detto Pipicchio, ma non erano venuti a capo di niente, non erano riusciti a cavare un ragno dal buco. Noi, però, conosciamo i fatti e ve li possiamo raccontare proprio come si sono svolti.
Dunque: Pablito, un bel ragazzo di dodici anni, era figlio di due acrobati del circo andaluso di Siviglia e, anche lui, si esibiva sul trapezio con i genitori. Aveva, però, un sogno: voleva fare un numero con gli animali, coi quali aveva fatto amicizia. Cioè, con l'elegantissimo giaguaro, col grande leone e con la feroce tigre della Malesia (cosi veniva presentata al pubblico, ma, in realtà, era una tigrotta semplice e mansueta). Pablito aveva in testa un progetto, ma gli serviva un gatto, un gatto svelto e intelligente. Ne parlò al nano Bacone, il quale disse: "Ci penso io, ho il gatto che fa per te. Si chiama Alcibiade, ma gli amici lo chiamano Pipicchio. E' uno sveglio e, pare, abbia già recitato nel film 'La rivolta dei gatti del Colosseo'."
Il giorno dopo, Bacone, che era un uomo piccolo ma di parola, si presentò col gatto. Il ragazzo e Pipicchio simpatizzarono subito. Pablito illustrò al gatto il suo progetto e il gatto accettò di collaborare con entusiasmo. Dopo una settimana di addestramento, il numero era pronto e fu presentato al pubblico.
Capitolo II
Il numero, in verità era assai semplice, ma efficace. Si svolgeva in questo modo: due aiutanti sistemavano al centro della pista un trono dorato, mentre l'orchestra, per creare l'atmosfera, eseguiva la musica della pantera rosa. Entrava, poi, nel silenzio, l'elegante giaguaro, procedendo lentamente. Saliva sul trono, vi si sedeva e alzava le zampe anteriori. Dopo un po', veniva la tigre, si avvicinava al giaguaro e digrignava i denti. Il giaguaro prendeva paura e scendeva, la tigre, allora, balzava sul trono, si sedeva e alzava, anche lei, le zampe anteriori. Ed ecco venire il grande leone. La tigre impaurita, subito scendeva dal trono e il leone prendeva il suo posto, alzando, anche lui le zampe, per suscitare l'applauso. Il pubblico credeva che il numero finisse lì; invece, inaspettatamente, entrava in pista Alcibiade, detto Pipicchio, che, con un semplice cenno della testa, faceva scendere dal trono il grande leone, il quale, con la coda fra le gambe, se la svignava lesto lesto, uscendo dalla porticina di ingresso. Il gatto saliva sul trono dorato e alzava le zampine anteriori. A questo punto, scoppiava, irrefrenabile, l'applauso della folla. Questo accadeva ogni sera, puntualmente. Insomma, un enorme successo. Ne parlarono le televisioni e uscirono articoli sui giornali. In poco tempo, il gatto Alcibiade, detto Pipicchio, era diventato una vera star del circo. Così accadde che si montò la testa e comincio ad avere atteggiamenti superbi e altezzosi, da supergatto, anche con i compagni di lavoro.
Capitolo III
Questi atteggiamenti di Pipicchio non piacquero a nessuno e, specialmente, al leone, il quale, una sera, dopo lo spettacolo, proprio quando il gatto doveva andare alla Televisione da Costanzo, lo chiamò e disse:" Senti, coso, il tuo comportamento non mi va giù. Ti dai troppe arie, ma chi credi di essere? Ti rendi conto con chi hai a che fare? Sai chi sono io?"
" E come no? - disse il gatto - Sei il leone, che recita con me."
"Appunto, - disse il leone - recito. E' una finzione, ma, nella realtà, io sono il re della foresta e mi devi rispetto!"
"In primo luogo, - disse il gatto - qui non stiamo nella foresta e, poi, nel nostro ambiente, essere grandi e grossi come te, non conta proprio niente, qui conta solo il talento. Piuttosto tu mi devi rispetto, per la mia personalità e per la mia arte squisita!"
Al leone, per la rabbia, si drizzarono i peli della criniera, ma riuscì a controllarsi.
"Hai ragione - disse - e, a proposito di arte squisita, ti devo rivelare un segreto. Avvicinati!"
Il gatto Alcibiade, detto Pipicchio, incautamente, si avvicinò e il leone, in un sol boccone, se lo mangiò.
Epilogo
"Commissa', - disse il brigadiere Capece - se posso esprimere una modesta opinione personale…"
"Dite, dite!"
"Ecco, io credo che il leone si è mangiato il gatto."
"Avete ragione, ma non possiamo fare niente. Io la penso come voi, ma non abbiamo prove, non ci sono testimonianze, anzi, è arrivato il momento che dobbiamo mettere i remi in barca. Infatti il caso Pipicchio, dopo un po', fu archiviato.
Pablito sostituì il gatto con la graziosa gazzella Graziella. Un tipo dolce, che seppe creare un clima di serenità e di amicizia con i compagni di spettacolo. Ebbe, anche lei successo, ma mai si montò la testa. L'elegantissimo giaguaro se ne innamorò e le chiese di sposarlo. Lei ne fu felice e subito disse: "Anch'io ti voglio bene, Giag! (Nel circo, lo chiamavano così).
La cerimonia si svolse sulla pista del circo andaluso di Siviglia. Pablito volle donare alla sposa l'abito nuziale, che fu confezionato dal grande stilista Valentin. Un abito che costò un occhio; ma ne valse la pena, perché Graziella col vestito bianco da sposina era veramente un sogno. Il nano Bacone e il grande leone furono i compari d'anello e il pranzo per gli sposi e per tutti gli invitati fu preparato dalla feroce tigre della Malesia, che, come si è detto, non era per niente feroce, anzi aveva un ottimo carattere ed era anche una bravissima cuoca.
Durante la festa, accadde un fatto stranissimo, però. Un fatto misterioso: arrivò Lucariello, il ragazzo del fioraio, con un bel mazzo di rose gialle e lo porse alla sposa. Graziella vide che c'era un bigliettino, lo aprì e lesse: "Cari Sposi, anch'io vi voglio augurare una lunga vita di felicità." E indovinate di chi era la firma? Era del gatto Pipicchio. Sì! Proprio lui.
Oddio, e come è possibile? - si chiesero tutti - ma come? Se il leone se lo mangiò? E se fosse un fantasma? E se sotto c'è un tranello diabolico o, forse, sarà un brutto scherzo? Insomma, si fecero le più strane congetture, le più improbabili ipotesi. Il leone, però, sotto i baffi, sorrideva. Ascoltate! - disse - Fate silenzio, che vi spiego: Quel giorno ero veramente arrabbiato e mancò poco che me lo mangiassi per davvero, ma, poi, pensai, che era meglio dargli una lezione; in fondo, far fuori un gattino, per quanto impertinente, non è un'azione tanto eroica. Così, lo presi in bocca, ma senza masticare e subito mi recai dal mio amico elefante, per chiedergli il favore di tener nascosto Pipicchio per un po' di tempo. Pipicchio uscì dalla mia bocca come un pulcino dall'uovo, più morto che vivo dalla paura. Capì subito che aveva ricevuto un vero miracolo. Mi ringraziava, mi leccava; mi chiedeva perdono, mi diceva che voleva essere il mio maggiordomo o anche un semplice cameriere, che mi voleva servire, e che lo avrebbe fatto senza prendere un soldo. Insomma, non vi dico, tutta quell'arroganza, tutta quella superbia era finita.
Non ti preoccupare, gli dissi, l'importante è che hai capito la lezione. Starai con l'elefante un mesetto e se ti comporti bene ti faremo rientrare nel nostro gruppo. Ragazzi - aggiunse - Ho fatto bene?"
Tutti applaudirono. Graziella era un po' commossa. Il nano Bacone disse: " dobbiamo fare un brindisi al nostro grande leone! Evviva il re della foresta! Evviva!
Grazie, grazie! - disse il leone - Ma un sorsetto beviamolo anche alla salute di Pipicchio!
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